Nice

Pochi minuti per descrivere una citta' in cui non pensavo di potermi immergere. Sono qui da due giorni e sto cominciando ad amare tutto cio' che le cartoline non mostrano, la parte vecchia della citta', l'odore del mare nella promenade des anglais, la ruota che si illumina a cinquanta metri d'altezza. Gira, scandisce i tempi della notte dall'alto, tirandoti fuori dalle viuzze strette e piene di turisti che affollano la costa azzurra. Tra poche ore arrivera' il nuovo anno. Lo passero' in un posto diverso dal solito, assaggiando pesce diverso dal solito, con un'atmosfera diversa dal solito. Voila'.

Omaggio


Come descrivere una coppia. Si presentano così. La stessa medaglia in due facce diverse. Uniti per osmosi in una discrezione tipica di chi è nato in un tempo sbagliato per essere troppo sui generis. La stessa passione, lo stesso sorriso, una birra e una pizza. Un amico che ha trovato qualcosa che non stava cercando. Una specie di Agassi a Key Biscayne, che colpisce la pallina facendola passare sotto le gambe, solo per mantenere vivo lo scambio e quando si volta si accorge che il pubblico è in delirio. Palla all'incrocio delle righe.

Li vedo seduti di fronte a me, uniti da un filo immaginario che si contorce tra un mano nella mano e un sorriso congiunto per una battuta. Sembrano più una sintesi di loro stessi che l'unione delle due persone. Si distinguono dal resto del mondo perché fanno eccezione a una regola: sono due non opposti che si attraggono lo stesso.

La serata finisce, mi salutano con l'aria di chi mi rivedrà prima o poi. Sorridono. Sorridono sempre. Sorridono ancora.

19 dicembre 1992

Da "La Repubblica" del 19 dicembre 1993.

"I SenzaBrera", di Gianni Mura

"Da un anno siamo i Senzabrera, che scritto così sembra il cognome d'una famiglia di Salamanca o di Tucuman e forse ci frega la voglia di un neologismo: è una delle strette in cui si ritrovano i Senzabrera. Non siamo solo noi intesi come redazione sportiva di Repubblica. Ce ne sono tanti altri, da un anno giusto, da un giorno ingiusto. C'è il professor Z che scrive da New York, americano e breriano, c'è una poesia scritta in provincia di Treviso, ci sono gli amici che aveva Brera un po' dappertutto, forse non tutti veri ma questo è un altro discorso e tanto vale lasciarlo cadere.

Noi dello sport, dicevamo. Prima il Navarro, il Generale, poi Giovannino, Giuseppino, solo Bocca non aveva un diminutivo, anche perché pare un quaterback, ed era, saltuariamente, lo Zingaro per via dei baffoni. Siamo Senzabrera in assoluto e nelle piccole abitudini d'ogni giorno: sabato Brera di presentazione, lunedì di commento, mercoledì di cronaca, giovedì le lettere dei lettori. Leggevamo sul video del terminale, non solo chi faceva la titolazione. Perché se hai il vantaggio di un Brera in anticipo, lo leggi subito. E ci trovi sempre qualcosa.

E poi era bello lavorare con Brera, l'unica avvertenza era di non chiamarlo prima di mezzogiorno, di rispettare il rito: sveglia a mattino avanzato, lunghissima doccia, lettura quotidiani. "Quanto devo scrivere ? " era la sua frase di rito. Ci manca anche quella. Non era solo il "devo" a impressionare, ma il fatto in sé. Chi era Brera, lo sanno anche i più giovani, può permettersi di sforare, e poi in redazione si arrangino. E' una dimostrazione di potere e la fa pure chi non arriva al ginocchio di Brera, e se gli tagli tre righe perché sei impiccato al momento di chiudere, capace pure che protesta col direttore. Brera ci teneva a rispettare gli spazi e i tempi. Il sabato chiamava spesso da paesi non a tutti notissimi, Portogruaro, Abbadia San Salvatore, Cozzo Lamellina, poteva essere lì per una battuta di caccia o per una mangiata con amici. Scriveva e dettava dal ristorante, entro le 18 il pezzo era in redazione.

Di usare il pc non aveva voluto saperne. La vecchia Olivetti, e cartelle bianche extrastrong, non quelle già marginate di Repubblica. Spazio tre, per scrivere chiare le varianti a penna. Qualche taglio l'abbiamo dovuto fare, nei pezzi a braccio dettati dopo le partite in notturna. Perché era vero, meglio dieci righe in più che dieci righe in meno. Si tagliava a malincuore perché si si toglieva dalla pagina qualcosa che valeva la pena di essere letto. Non allungava il brodo, Brera.

E fra di noi c'è chi lo ha conosciuto di più, chi di meno, chi ha passato molto tempo anche a tavola con lui e chi gli ha parlato per telefono.Ma tutti pensiamo la stessa cosa: che il giornalista Brera ha sempre preso molto sul serio il suo lavoro e si è costantemente impegnato non solo per amor di firma, ma per amor di mestiere. Se le lettere dei lettori, quelle destinate alla sua Accademia, tardavano di mezzora, telefonava. E telefonava o interveniva di persona per fatti privati, morti in famiglia, matrimoni, compleanni. Il grande calcio non l'ha ricambiato, quando è morto lui.

Ci manca perché gli volevamo bene, non solo perché è stato per dieci anni la firma nobilitante di queste pagine. Gli volevamo bene perché aveva dei difetti, ma nessuno dei difetti delle grandi firme. Non era arrogante né presuntuoso. Ci manca il " mai paura", frase ricorrente quando gli si raccontava di una promozione in arrivo, o di un servizio difficile. Ci mancano i prepartita e i dopopartita, ore lunghissime (Gianni sono già le due. Vorrai dire che sono solo le due ) che passavano in fretta, ma qualcuno di noi qualche sera si è sottratto inventando l'unico alibi che non lo contrariava: un appuntamento, una conquista, una donna. Ah bé, ad Veneres, allora vai.

Ci manca quel suo alzarsi di contraggenio, quasi con un grugnito di ribellione interna, alla prima nota dell'inno di Mameli ( ma vi rendete conto di quanto è brutto?) e quel suo applaudire togliendosi il cappello, l'inno dell'altra nazionale. E anche gli scappellamenti ostentati, col sorriso, a quelli che da sotto la tribuna stampa, o di fianco, gli urlavano contro perché la pensavano diversamente da lui.

Ubriacone, spesso. Curioso che in un paese di mascalzoni supremi, ladri e marchettari (anche nel calcio) fosse considerato grave delitto amare il vino. E infine c'è qualcuno che abbia mai visto Brera ubriaco? Sapeva bere e sapeva quando fermarsi. Ci manca quel suo valutare il vino solo annusando il tappo. Quel modo strano di eleggere i ristoranti del cuore e dell'abitudine, a Milano come a Napoli, a Roma come a Genova. Una tana. Il ristorante pseudorusso a Parigi durante gli europei dell'84, la patronne era di Mantova, quello jugoslavo a Monaco di Baviera ai mondiali del '74, quello italiano a Mexico City ai mondiali dell'86, quello greco a Montreal all'Olimpiade del '76.

Era come se Brera cercasse una minoranza, sia pur gastronomica, in cui rifugiarsi. Salvo stupirci dichiarando: la miglior cucina del mondo è in Danimarca. E ci stupì anche nell'84, rifiutandosi di andare all'Olimpiade di Los Angeles. Diceva di non poter mettere piede negli Usa perché un mafioso aveva giurato, un sacco d'anni fa, di fargli la pelle per una storia di donne. Non ci abbiamo mai creduto, forse non gli piaceva l'idea di stare tre settimane a LA ( e non aveva torto), ma raccontava questa storia così bene (al solito) che abbiamo abbozzato.

Ci manca la sua gioia vicina al collasso la notte del 3-1 di Madrid, luglio '82. Il suo imbarazzo nel non poter mantenere la promessa di andare in processione tra i flagellatori al suo paese, il giorno di San Bartolomeo, se l'Italia di Bearzot avesse battuto il grande Brasile. I "batù" erano stati aboliti già da molti anni, a San Zenone, ma lui mancava da tanto, non lo sapeva.

Ci manca come battistrada, adesso che usciremo tutti i lunedì. Mai paura, avrebbe detto Brera. Avrebbe preso parte a tutte le riunioni di questo periodo, avrebbe detto che non è vero che la tv si mangia, la domenica, tutta la voglia di leggere, il lunedì. Avrebbe regalato ai fumatori le pipe di Brebbia che teneva sempre nel borsello d'ippopotamo. Avrebbe bevuto Barbaresco in vicolo delle Bollette. Avrebbe coniato altri neologismi. E chissà se avrebbe ritirato fuori la storia del mafioso per i mondiali del '94.

Noi dello sport di Repubblica, ricordandolo con gli amici morti con lui sulla strada fra Maleo e Codogno, gli dobbiamo l'impegno a far seriamente questo mestiere. A farlo da Senzabrera che con Brera e da Brera qualcosa pensano di aver imparato e a Brera pensano di dovere qualcosa che non si esaurisce col ricordo e il rimpianto".

Particolare andaluso


Me lo ricordo, quel giorno a Cordoba. Con un piede fuori uso e la solita voglia di macinare chilometri come solo Bekila. Quasi scalzo, con le infradito nere che avevano attraversato Barcellona, Madrid, Granada, Siviglia, Cadiz. Le stesse che avrebbero portato le mie stanche membra attraverso la pioggia di Lagos, i suoi ristoranti italiani, per poi scendere nelle viscere più interne di Lisbona. Ricordo che alle otto e mezza passai davanti a un orologio elettronico di quelli che abbelliscono le piazze vuote. Il termometro accanto segnava 38 gradi.

Nonostante un dolore lancinante feci tre volte la via principale del centro città, alla ricerca di una birra tipica del posto. Nel locale prescelto c'era soltanto la solita Cruzcampo, con cui gli andalusi sprofondano in quello che vogliono. I tavolini disposti sul marciapiede erano tutti occupati e mi ritrovai ad essere tra i pochissimi clienti del pub seduti all'interno. Visto il freddo di questi giorni è confortante vedermi in maglietta, con il block notes posato sul tavolo, la birra a metà e uno sguardo da deficiente che cerca di sforzarsi di essere naturale.

Molte delle foto che documentano il mio passaggio nella "peninsula" sono state concepite con un autoscatto. Molti non lo immaginerebbero, ma uno foto del genere nasconde un lungo processo prima del click definitivo. Non è la classica diapositiva in cui metti in posa due persone abbracciate e gli ordini di sorridere pochi secondi prima di scattare. E' molto di più. E' immaginare la foto prima di scattarla, trovare un punto d'appoggio per la macchina, scattare una, due, tre volte prima di essere soddisfatti, carpire un particolare in più o in meno che può influenzare il risultato finale.

Nel momento in cui guardai la foto sul display della digitale non mi accorsi di un particolare. Il portatovaglioli in alto a sinistra, che senza la prospettiva sarebbe più in basso rispetto a me. Sulla parte rivolta verso l'obiettivo si nota distintamente il riflesso di una signora seduta al bancone. Inizialmente la scoperta non mi fece né caldo né freddo. Adesso ci ripenso e sono quasi contento dell'involontaria inclusione. E' una specie di simbolo dell'allegria anagraficamente trasversale dell'Andalusia. A Milano non vedo gente ai pub sopra i sessanta da qualche secolo. In Irlanda, ad esempio, ce ne sono a bizzeffe. Di quelli che ti trattengono per un braccio se vedono che ti stai alzando per andare via, mentre sul palco all'angolo della sala qualcuno sfodera un repertorio di canzoni popolari che invogliano all'ubriachezza.

Sarà che finché c'è Prosperini in giro si può dimostrare che la demenza non deriva per forza dal tasso alcolico...

La forza sia con te

A volte penso davvero che credere nella forza, come faceva il buon vecchio maestro Joda, sia l'unica soluzione per salvarsi. D'altronde, non può essere colpa mia se non credo nella religione cattolica o in qualsiasi altra. Semmai i rei sono quelli che nelle istituzioni che li tramandano, certi principi, non mi hanno fatto credere. Ha fatto più, e meglio, George Lucas in trent'anni per diffondere uno spirito religioso (ancorché fantascientifico) che l'intero movimento cattolico in tutti questi secoli.

Alla fine, in cosa può voler credere un ragazzo di 25 anni? Nell'indipendenza, in un lavoro che piace (o in una facoltà interessante all'università, a seconda dei casi), in una bella ragazza, in un bel gruppo di amici, nella squadra del cuore che vince. Quando ti avvicini ai 20, anche se "si è stupidi davvero", ti sembra sempre che manchi il classico centesimo per fare la lira. Poi la soglia passa, ti accorgi che non esistono felicità massime e imperiture, che un bacio è già una gioia meravigliosa, che una canzone al mattino ti cambia la prospettiva per le ore successive.

Dipende anche da qual è la canzone in questione. Stamattina non sono riuscito a uscire dalla macchina se non cinque minuti dopo aver spento il motore. Bottura ha chiuso "Lateral" con "Ma il cielo è sempre più blu". Pezzo che ripercorre occupazioni e preoccupazioni di mezza Italia, quella meridionale. Eppure a me porta solo allegria. Al contrario, pochi istanti fa è partita "No one knows", tanto che avevo voglia di spaccare un vetro a testate. Poi è arrivata "Clan Banlieu" e quel viaggio di fine anno paventato in questi giorni ha cominciato a rimbombarmi in testa.

Stasera mi faccio una scura, intesa come la birra, e ascolto il parere di un'amica tanto per capire cosa ne pensa. In fondo, guardare una bella ragazza fa sempre piacere, anche se non è la tua e non hai programmato di andare oltre a quello che c'è. Anche questo è pensare a qualcosa per stare meglio.

Sfiorisci Belpietro (cfr. De Gregori)

Dopo l'iscrizione a Napoli nel registro degli indagati per corruzione, Berlusconi ha scritto un esposto a Mastella. E' il segnale che, a dispetto di quanto dice Fini, il Cavaliere si fida dei suoi alleati.

Ormai l'unico modo per scacciare certi pensieri è riderci su. Piangerci, o incazzarsi, finora non ha dato grandi risultati, per quanto all'indignazione si faccia fatica a sfuggire. Sono arrabbiato, deluso, mi rendo conto che il decadimento politico del nostro paese avanza inesorabile. Invece di chiedersi come migliorare la situazione dell'Italia, ci si domanda come affrontare al meglio il prossimo sistema elettorale. L'idea machiavellica per cui "prima i voti, poi le idee" può andar bene se e solo se il passo numero due viene fatto senza tener conto delle lobby interne alle coalizioni. Purtroppo il filo logico di cui sopra si spezza nel momento in cui si diventa ingordi di alleanze, come dimostra la situazione attuale tra il governo e i diniani, o i mastelliani. E mi devo pure sentir dire da Schifani che il pacchetto sicurezza è stato creato sotto il ricatto della sinistra estrema.

Mi vengono in mente talmente tanti nomi che non vorrei vedere nemmeno in un'assemblea di condominio, figuriamoci in una seduta alla Camera...

L'unico motivo di questi giorni per sorridere, politicamente parlando, è gustarsi Fini che si scanna con Belpietro. L'avreste mai detto, solo qualche settimana fa, che il leader di An avrebbe potuto sottolineare, davanti al diretto interessato, che "il direttore di Panorama deve rendere conto al suo editore"? Siamo alla follia...

Enigmi

Giornata faticosa, di quelle che vorresti veder finire più presto che puoi. Salgo in macchina, dopo aver intervistato una fanciulla che mi saluta con un "buonasera" (risposta obbligata: "ho venticinque anni, dimmi ciao..."). Nemmeno i suoi splendidi occhi verdi alleviano la stanchezza, ergo ci vuole una terapia d'urto. Tolgo il cd, ne metto un altro. Vado sul sicuro. "The dark side of the moon", scorro rapidamente fino alla quinta traccia. Parte "The great gig in the sky" e mentre i nervi si sciolgono penso a quelle poche frasi che danno l'avvio al pezzo. Non ci ho mai dato peso. Ho fatto male.

"I'm not frightened of dying, anytime will do, I don't mind... Why should I be frightened of dying? There's no reason for it, you gotta go sometime"

"I never said I was afraid of dying"


«Il 21 gennaio 1973 venni invitata allo studio 3 di Abbey Road. A malapena avevo sentito parlare dei Pink Floyd. La canzone che dovevo eseguire si sarebbe chiamata “The Great Gig In The Sky” e l’album - FORSE! - “The Dark Side Of The Moon”. La band mi fece sentire questa sequenza scritta dal tastierista Richard Wright. “Non cantare nulla”, mi dissero. “Improvvisa”. Immaginai la mia voce come una chitarra solista e mi sentii come una Gospel Mama. Dopo poche registrazioni il gruppo era soddisfatto e potei tornare a casa con la retribuzione che mi spettava. Era domenica e presi paga doppia: per tre ore di lavoro, 30 sterline […] A parte Gilmour, gli altri componenti della band sembravano terribilmente annoiati da tutta quella storia del disco. Mi dissi: “Questa registrazione non vedrà mai la luce!”»

Clare Torry continua a cantare.

Eccheppalle...

Alla ventimilionesima chiusura di un programma di Luttazzi, si spera almeno che al buon Daniele regalino un tostapane per il ragguardevole traguardo raggiunto. Già il fatto che fosse confinato in tarda serata (qualcuno ha giustamente asserito che in quella fascia ci vanno i porno) faceva presagire che la trasmissione non sarebbe stata per i fanatici del politically correct. Orario a parte, niente con Luttazzi lo è, punto che i direttoroni di La7 non hanno scoperto ieri. Sapevano tutto, sapevano tutti. Questo è Luttazzi. Se lo prendi sotto la tua ala te lo tieni, sennò non lo chiami proprio. Sedurlo e abbandonarlo dopo qualche settimana vuol dire equipararsi ai Landolfi di turno. Qualcuno non ha capito che, in un'emittente come La7, che dà spazio agli scarti "buoni" delle altre tv come Crozza, Paolini, volendo anche la Bignardi se non fosse per quell'intervista a Dell'Utri (Dariona che mi combini), in tutto questo poutpourri di personaggi ignorati dalle tv generaliste, l'anomalia non è Luttazzi, è Ferrara. A Berlusconi uno come "Giulianone" serve, perché gli permette di avere un punto di riferimento anche in un'emittente anarchica per la restante programmazione. Ce l'ha lì tutti i giorni, con il salvagente Armeni che fa da contraltare di sinistra senza essere tale (eloquente la battuta di Travaglio sul fatto che in "Otto e mezzo" Ritanna fa la parte del mezzo). I professoroni adesso si accalcano per definire una linea di rottura tra la satira e l'offesa, che secondo lor signori è stata valicata. Andassero a leggersi Petronio, i professori. Era tanti anni fa, lo so. Ma forse lo era anche la satira.

Vanity Gazzetta

Il problema dell'avere un blog è che ti sembra quasi obbligatorio passarci ogni giorno a lasciare un appunto. In realtà non lo è, non ci sono leggi a riguardo e dormo lo stesso la notte anche senza un post. Soprattutto, non si può avere qualcosa di intelligente da dire ogni giorno. E' per questo che faccio fatica a credere nella bontà della notizia a ogni costo. Non si può inventare ciò che non c'è, altrimenti si fa disinformazione. L'arte del "pompare" la notizia è ormai ai suoi minimi storici, effetto inversamente proporzionale alla massimizzazione della fregnaccia. Ci sono due ambiti nei quali il giornalismo può sguazzare tranquillamente nel torbido della falsità senza rischi legali di sorta: il gossip e il calciomercato. Detto che se di uno non me ne può fregare di meno e che dell'altro mi preoccupo solo quando capisco che c'è un fondo di verità, è quando le due cose si mischiano che comincio ad avere dei conati di vomito. Nel caso di seguito non c'è mercato (se non del gentil sesso), ma il rosa c'è e il calcio anche. La fregnaccia non so, chi è interessato lo vedrà. Riporto la notizia, tra parentesi trovate i commenti del sottoscritto. Dalle brevi di Gazzetta.it, lode a te o Rosea...

MADRID - Il nome di Maradona continua a essere legato a doppio filo con il calcio (non è uno scherzo, l'agenzia inizia veramente così. I più svegli tra voi si saranno già chiesti a quale altro sport o argomento dovrebbe essere legato Maradona, visto che è stato il miglior giocatore di calcio degli ultimi 40 anni). Questa volta a essere protagonista non e' solo Diego Armando ma anche la figlia Gianina, la piu' piccola del pibe de Oro. Secondo i giornali argentini la ragazza avrebbe intrecciato una relazione con Aguero, giovane stella argentina dell'Atletico Madrid (è sempre "Gazzetta.it", non è Vanity Fair, solo che il direttore della prima non si è ancora reso conto di aver cambiato testata). I due infatti sono stati fotografati piu' volti insieme. Diego Armando Maradona - si legge sul sito del quotidiano spagnolo Marca (sì, è lo stesso che da circa sei o sette eoni annuncia l'imminente passaggio di Kakà al Real Madrid, quindi la fonte è sicura come Gola Profonda) - ha reagito bene quando e' venuto a conoscenza del pettegolezzo. "Se mia figlia dovesse avere una storia con Aguero - ha commentato l'ex numero 10 del Napoli - l'unica cosa che potrei dire e' che se lei e' felice io sono felice per lei. Io non credo che avro' altri figli (e meno male, l'ultimo sta aspettando ancora gli alimenti) - ha continuato - ora penso che potrei diventare nonno. Un grande nonno (se diventa nonno come è stato padre di diego jr, Dio ce ne scampi. Di "grande" al momento è rimasta solo la coppa. Unendo la panza all'eventuale prossima maternità della figlia, potrebbe ancora vincere la coppa del nonno, tra i pochi trofei che gli mancano). Pero' e' presto, le mie due figlie hanno solo 20 e 18 anni" (eh, caro Diego. Il tempo delle mele è passato da un pezzo, tra un po' diventa nonna pure Sophie Marceu, altro che 18 e 20 anni...).

Piccolo particolare, in Argentina hanno altri cazzi a cui pensare rispetto a quelli di Gianina, visto che qualcuno ha appena spiegato come ha fatto il Perù nel '78 a perdere 6-0 una partita che, casualmente, doveva perdere... 6-0!

Le MIE squadre

Post per alcuni, non per tutti. Solo per quelli che amano certi sport. E' infatti una stagione assolutamente positiva per il Todisco tifoso, soprattutto guardando agli sport d'oltreoceano. Soprassediamo sull'Inter (c'è il sito apposito) e sull'Olimpia (non c'è il sito, ma stanno facendo oltremodo pena). Passo invece in rassegna le due squadre made in Usa, perché le loro fortune o sfighe sembrano andare di pari passo. Era infatti il 1995 quando gli Orlando Magic raggiungevano, guidati da Shaq e Penny, l'unica finale Nba della propria storia, chiusa con una sconfitta contro i Rockets di Hakeem The Dream e Clyde The Glide. Nello stesso anno, i Cowboys si aggiudicavano l'ultimo dei cinque SuperBowl attualmente in bacheca. Dopo quegli exploit, il vuoto. Adesso, la rinascita. Entrambe le squadre sono uscite di scena lo scorso anno al primo atto della post-season, dopo anni nei quali la stagione regolare sanciva anche il termine della stagione per le due franchigie. Stesso destino, diversi scenari, perché se i Magic sono stati sconfitti 4-0 dai più forti Pistons, Dallas ha mancato la vittoria nella wild card contro Seattle con un grossolano errore di Tony Romo, che non è riuscito a bloccare un pallone per il comodo field goal del sorpasso. La situazione, nella stagione in corso, è un po' più "simpatica", come direbbe Moratti.
-ORLANDO: alcuni definiscono la formazione di coach Van Gundy ancora un fuoco di paglia. Sarà, ma è comunque una striscia più lunga rispetto allo scorso anno, quella che Howard e compagni hanno messo a segno in queste prime battute di Nba. Quindici vittorie, quattro sole sconfitte, unica squadra assieme ai Cavs di Lebron a interrompere la serie vincente dei Boston Celtics. Solo Detroit, San Antonio e Phoenix (due volte) sono riusciti a sconfiggere i Magic. Stan Van Gundy ha costruito una macchina molto ben oliata nei meccanismi su entrambi i lati del campo, con un Dwight Howard eccezionale, in grado di sostenere da solo il peso dell'intero reparto lunghi. Bene anche Rashard Lewis, coperto d'oro dal gm Otis Smith e capace di rendere pericolosissima Orlando sul perimetro, sfruttando gli scarichi del compagno ma anche andando a cercare gloria in solitario sugli isolamenti. Benissimo Turkoglu, che ha beneficiato come nessun altro della vicinanza di Lewis e al quale Van Gundy ha affidato spesso il pallone anche nei momenti chiave dei match. Con il duttile Bogans e un Jameer Nelson tornato quasi ai livelli di un tempo, il quintetto è fatto. Per ora, nonostante minutaggi molto alti, i cinque stanno tenendo botta ma è chiaro che il vero problema dei Magic saranno le rotazioni. Per cautelarsi, Smith ha ceduto Ariza a LA assicurandosi le prestazioni di Evans e Cook. Sarebbe bello poter ammirare anche JJ Redick con una certa continuità, ma i problemi fisici del ragazzo di Duke non sembrano avere fine e il sospetto di essere di fronte a un nuovo caso Grant Hill è più che fondato. Speriamo di no, intanto godiamoci questi Magic, figli lontani di Shaq e Penny, capaci anche ieri notte di vincere contro una squadra reduce da sei successi consecutivi (i Warriors di Belinelli, ancora in abiti civili). E c'è ancora spazio salariale, per cui l'anno prossimo prepariamoci a un nuovo colpo...
-DALLAS: negli ultimi anni avevo quasi smesso di seguire la Nfl. Ho ricominciato in parte la scorsa stagione, ma Drew Bledsoe non era il migliore degli spot per gente in cerca della propria identità da tifoso. A metà campionato è subentrato Tony Romo e tutto è cambiato. Personalità, un braccio straordinario, tanta inventiva, Romo ha ridato lustro al ruolo di quarterback a Dallas dopo alcune parentesi non pienamente convincenti e avvalendosi di Terrell Owens ha portato i Cowboys fino alla wild card. Poi il maledetto errore nelle battute conclusive della sfida contro Seattle e una nuova stagione piena di dubbi. Proprio a un giocatore di Orlando, giusto per allacciarmi al punto precedente, è capitato di non riprendersi più da un grave errore in una partita decisiva. Nick Anderson, l'uomo che aveva fermato Jordan e Miller nei playoff, diventò "Nick The Brick" dopo aver sbagliato quattro liberi in fila in gara 1 delle finali Nba contro Houston, sfida vinta dai Rockets e vero punto di svolta sia per l'esito delle finali stesse che per la carriera di Anderson, in forte ribasso negli anni a seguire. Romo, al contrario, si è ripresentato in questa stagione in forma smagliante e ha preso per mano Terrell Owens, potenzialmente il ricevitore più forte della lega, riportandolo alle statistiche di qualche anno fa. I due formano, assieme a Brady e Moss di New England, il miglior asse quarterback-ricevitore della Nfl: Romo ha siglato 33 td pass, 14 per il solo Owens, a caccia del record stabilito dal leggendario Jerry Rice (19 td in una sola stagione). A completare la squadra offensiva dei texani Marion Barber, 7 td e 796 yards corse in stagione, e Jason Witten, tight end con una grande capacità di ricezione. Il tutto con Terry Glenn in lista infortunati dall'inizio della stagione. Per ora i Patriots sembrano ancora un gradino più in alto, non è un caso che l'unica sconfitta stagionale di Dallas sia arrivata proprio contro New England, unica imbattuta della Nfl. Le due formazioni potrebbero incontrarsi al SuperBowl, vista anche l'ultima vittoria dei Cowboys contro Green Bay (se da qui alla fine non perdono, Romo e compagni giocheranno tutti i playoff con il fattore campo a favore). Sognare non costa nulla.

P.s.: non c'entra niente, ma ho cambiato il video di Guzzanti. Lui c'è ancora, le vesti sono diverse...

They loved it in Italy


Di solito la sezione video è in basso a sinistra in questo blog. Però sono un giornalista, ho un senso per le gerarchie figlio della deformazione professionale, che mi impone di ribaltare le logiche soprattutto laddove posso farlo. Non posso, non riesco ad esimermi dal mostrarvi questo video mettendolo in cima al blog.
E' la classica scoperta per caso, la mia, girando per youtube alla ricerca di qualcosa di nuovo che riguardasse quel gioiellino tascabile chiamato Kaki King. Molti contributi li avevo già visti, questo mi mancava. Mi rivedo mentre assisto al delirio creativo di Kaki, davanti al MacBook, con la testa sospesa tra i pugni, una sorta di Kasparov di fronte alla propria scacchiera, in attesa di un'illuminazione. L'ultimo minuto è un delirio di suoni in uno stato di apparente tranquillità, mentre la mente elabora in silenzio, il viso è una sfinge, la regia passa dal dettaglio delle mani al campo largo del palco. Kaki ammalia anche l'universo circostante, emana caos dalle dita, avvolge il suo pubblico in un manto di delirio, si permette il lusso di stoppare una sensazione di panico musicale con un piede e ci lascia cadere nel suo sonno. Applausi.

Dubbi flash

Ho scoperto da "Corriere.it" che qualche tempo fa Woody Allen ha dichiarato di essere sempre andato dietro "alle donne sbagliate: cominciai da bambino, mia madre mi portò a vedere Biancaneve e io mi innamorai della regina-strega". Ora, uno che è stato con Diane Keaton, Mia Farrow e che secondo Scarlett Johansson è innamorato pazzo di Penelope Cruz, avrà proprio bisogno di tutti questi anni di analisi? Ma soprattutto, non avrò bisogno io del suo analista, piuttosto che lui, adesso che ho saputo che settimana scorsa c'era Naomi Watts a Milano e io me la sono persa?

Upload

Ogni tanto mi faccio paura da solo. Dopo due mesi passati senza aggiornare l'altro blog, quello in nerazzurro, ieri mi è venuto lo schiribizzo. Nel giro di tre/quattro ore, distribuite quà e là tra pomeriggio e sera, ho rimesso a posto non solo l'home page, ma anche la sezione dedicata alla rosa e la "chinoteca", che non toccavo da marzo 2006 (purtroppo in un anno e mezzo Recoba ha fatto un solo gol contro l'Empoli e alla fine ha pure cambiato casacca). Ho anche fatto un po' di repulisti dei link. Insomma, mi sono sentito impegnato in qualcosa di mio, per pochi intimi, ma a cui alla fine resto legato. Si tratta di uno spazio che ho abbandonato e poi ripreso in mano più volte, la cui aggiornabilità è legata a doppio filo al tempo e alla voglia a mia disposizione. Esattamente come il blog in cui scrivo ora, che ha ripreso ad avere un senso dopo un periodo di calma piatta. Per premiare questa grande volontà ieri sera sono andato a intervistare le ragazze della B2 a Legnano. L'operatore che mi ha seguito era alla sua prima volta in questo settore. Chissà perché mi ha chiesto se ci torniamo...

Sondaggio


Sono andato alla presentazione del nuovo presidente della Sparkling Milano: per chi ancora non lo sapesse è Lapo Elkann. L'agenda dell'appuntamento mattutino prevedeva un "breakfast" alle 10.30 e un "light lunch" all'una. Quindi non si presentava un granché bene, non perché caffè e brioches non fossero buoni o per la scarsa qualità dei formaggi, ma proprio per la pessima scelta di chiamare forzatamente tutto in inglese alla presentazione di un signore che si definisce orgogliosamente italiano. Su colazione e pranzo non si può eccepire nulla, proprio per questo si poteva scegliere di chiamarli con il proprio nome. Chiosa sulla foto: ma secondo voi uno che vuole essere moderno, che ha portato sul mercato un marchio che dovrebbe essere una novità (se qualcuno osa chiamarlo "brand" lo divoro), uno attento alle mode, che gira con un'addetta stampa e una curatrice di immagine personale, può presentarsi con degli occhiali che lo fanno sembrare Giacomo Agostini di quarant'anni fa?

Elenco (expansion)

Si fa presto a dire che ne ho lasciate fuori tante. Mi sono reso conto che sono troppe. E c'è anche un errore: lo Youri Djorkaeff di cui sotto è quello del 4 gennaio 1998 oppure quello del 6 gennaio 1997. Vabbè, ho fatto una sintesi... Via all'espansione:

- Lombardia Uno-Enotria 0-0;
- Corrado Guzzanti che fa il massone (come da video in basso a sinistra);
- Una sera in Croazia in cui ho capito qualcosa;
- Il doppio assolo di chitarra della versione acustica di "Hotel California";
- Il mio primo articolo sull'Inter apparso sul "Giorno";
- Una sera a casa del Vano, nove persone che dormono nello spazio di due letti;
- La mia tesi di laurea;
- Pensare che, se esiste davvero un Dio, Chiara e Antonio staranno pisciando assieme sui pomodori come facevano da piccoli;
- Una ragazza che mi chiede che lavoro faccio, io che le rispondo, lei che mi guarda come se ciò che faccio mi rende una persona migliore;
- I due pomeriggi in cui ho divorato "Balzac e la piccola sarta";
- I tre giorni del Condor;
- La prima volta che sono entrato a San Siro dalla tribuna stampa;
- Holly e Benjiii, due speranzeeee;
- Vedere le partite dell'Inter nell'ultimo anno e mezzo e avvertire una certa condizione di superiorità;
- La prima pagina dell'"Independent" di un anno e mezzo fa, Bellachioma a testa bassa sotto la scritta "The end of the Godfather";
- Sulla stessa falsariga, le bandierine di Fede, che dall'altra parte mi fanno anche tristezza;
- Una "petardata" con gli amici, anche se alla ventesima volta hanno rotto le palle;
- Bison che dice a Ficara "Lei torni a giocare con la playstation!";
- L'ultimo punto del post precedente;

Spero sempre che mi vengano in mente altre cose.

Elenco

Ho il morale bassino, sarà il freddo unito alla personale metereopatia. Mi farebbe bene pensare a cosa può tirarmi su il morale. In ordine sparso, a seconda di ciò che mi viene in mente:
- Siena-Inter 1-2 e la festa fino al mattino;
- La prima volta che capii di amare i Pink Floyd, ascoltando "Another Brick in the wall Part II";
- Il vino in una tavola con tanti amici. Se non ci sono coppie di mezzo sto meglio, ma dipende da me, non dalle coppie;
- Massimo Troisi, soprattutto la prima scena di "Ricomincio da tre";
- Steve Nash e Manu Ginobili;
- Correre;
- Io davanti al mare che ascolto il rumore delle onde;
- Una bella ragazza;
- Caffé e Gazzetta al tavolo di un bar di primo mattino;
- Il Sud;
- I compleanni degli altri;
- Il primo giorno di primavera del 2007;
- Un campionato a PES vinto all'ultima giornata superando il Milan in extremis (è successo, erano le tre e mezza di notte di qualche tempo fa);
- Un passante in cross all'incrocio delle righe;
- I 100 metri d'oro di Donovan Bailey;
- Io chitarrista;
- Io giornalista, ma con un contratto da poterci campare;
- Lo zapatismo al governo del mondo;
- Una mattina d'estate a fare gli idioti contro i cavalloni;
- Youri Djorkaeff, 6 gennaio 1998;
- Quella notte passata a Rho a fare le quattro su un progetto politico;
- Una partita di tanto tempo fa in cui uscii dal campetto convinto di essere stato il migliore;
- Le riunioni di tanto tempo fa a casa di Alba, con Fabio, Luca ecc ecc;
- Il primo anno di Ronaldo, ma non devo pensare a cosa viene dopo;
- Un gol che ho fatto fare io a Cruz giocando al Pc, che se lo vedesse "El Jardinero" mi ringrazierebbe;
- Le partite da piccolo a piedi scalzi, nello scantinato dei miei cugini;
- L'Andalusia;
- Febbre a 90°;
- Tommy Smith e John Carlos con il braccio alzato e un guanto nero al vento;
- Pensare che in fondo ci sarebbero ancora tante cose da scrivere prima di chiudere questa lista;

E altre piccole linee, a cui aggiungere qualcosa, che mi fanno stare meglio. E infatti mi sento già più sereno. Basta poco, no?

Non volevo dirlo, ma me lo fanno fare per lavoro

Oggi mi hanno "commissionato" un pezzo per il tg riguardante le ultime esternazioni di Kakà. Di conseguenza, anch'io ho dovuto dire la mia in un servizio. Ve lo lancio a mò di conduttore:

"E passiamo al calcio con le parole del fantasista brasiliano del Milan Kakà sui fatti accaduti domenica scorsa. Il servizio di Mattia Todisco"

"Il calcio italiano sta perdendo credibilità. Gli scandali, l'agente morto, ora il tifoso ucciso. Bisogna intervenire subito, questo sport rischia di morire. Basta, o i campioni se ne andranno uno dopo l'altro". L’allarme è lanciato e a parlare non è un giocatore qualsiasi, ma Kakà, prossimo Pallone d’Oro, un fuoriclasse prestato al nostro calcio, con allettanti offerte provenienti dalla Spagna. Avanti così, le sirene madridiste potrebbero farsi sempre più insistenti, per il brasiliano così come per qualsiasi altro giocatore con un buon mercato all’estero. E se fastidioso può essere il perdere giocatori per mancanza di scelte coraggiose a livello dirigenziale (vedi il caso Giuseppe Rossi), ancora di più lo sarebbe veder partire certi elementi del campionato italiano per questioni di ordine pubblico e quindi estranee alla logica pallonara. Si può discutere su quanto l’episodio avvenuto domenica scorsa ad Arezzo c’entri o meno con il calcio. Sicuramente, con il calcio italiano, c’entrano purtroppo le reazioni palesatesi all’Atleti Azzurri di Bergamo, oppure a Taranto, o ancora a Roma. Una logica che non ha logica, distruggere tutto per ricordare un tifoso che non aveva fama di essere un violento. Fatti che, come dice Kakà, allontanano dal nostro calcio chi invece dall’Italia è affascinato, per la grande tradizione calcistica di questo paese, per i campioni che sono passati da queste parti e continuano a passare, per il calore dei tifosi. Non tutti. Non quelli che Ruggeri, presidente dell’Atalanta, ha dichiarato di voler denunciare per i disordini di domenica pomeriggio. Non quelli arrestati a Milano, divisi dalla fede calcistica ma uniti dai fermi ordinati dalla Digos. Meglio, molto meglio coloro i quali a Torino hanno abbandonato la maratona per esprimere il proprio dissenso verso il mancato stop al campionato. Oppure chi a Parma ha voluto lasciare impresso su uno striscione la propria rabbia, senza compromettere lo svolgimento dell’incontro ma facendosi sentire in maniera civile. Solo così, dimostrando di avere una cultura, potremo pensare di accogliere i nuovi Kakà o Ibrahimovic. In caso contrario, è possibile che non arrivino nemmeno i Bogarde o i Vampeta."

Evviva il collega

Per una precisa scelta personale non aggiungo altre parole alle tante urlate in questi due giorni, molte a casaccio. Se vorrete sapere la mia opinione, vi basterà cercare da qualche parte la registrazione della puntata odierna di "Uno Mattina", dove Oliviero Beha ha arringato i presenti con un discorso da calciofilo navigato, ma soprattutto da giornalista serio. Sottolineo soprattutto il passaggio nel quale il collega chiede che ci sia un esame giornalistico per l'ammissione alla professione, da superare una tantum nel corso della propria carriera, come se si andasse a fare un controllo per le diottrie al fine di rinnovare la patente. Il tutto per evitare che si dicano scempiaggini come quelle proferite ieri da alcuni eminenti iscritti all'Albo, che non per niente hanno condiviso il proprio nome con quello di gente come "Betulla". Dico "hanno" perché adesso Betulla non è più nell'albo, anche se continua a esercitare. Quasi quasi mi rammarico del fatto che in quell'elenco ci sarò anch'io, un giorno.

Biagi, Bortoluzzi, Liedholm...

Un po' come Sarti, Burnich, Facchetti, senza un prosieguo per chi non crede nella reincarnazione. In poche ore sono spariti tre muri portanti, ognuno del proprio tempio, portati via dalla vecchiaia. Mi accorgo sempre più di quanto in Italia non ci sia un ricambio generazionale e purtroppo non si parla solo di giornalismo o di calcio. Certo occupandomi in larga parte di questi due ambiti posso dire che un Biagi, al momento, non c'è e un Liedholm ancora di meno. Bortoluzzi è stato da tempo sostituito nel suo storico ruolo (e alla grande) da Alfredo Provenzali, che un giovinetto non è. Ma dopo? O meglio ora? Chi è il nuovo "Barone"? Chi può, dall'alto del suo carisma, spuntare dal nulla e offuscare un Nereo Rocco? Oppure sfidare un Berlusconi vincendo ai punti, visto che Biagi è riuscito a tornare in tv e Bellachioma non è più il premier (per scaramanzia cercherò di non "scriverlo" troppo forte). Mi viene da sorridere pensando che si è riunito il Gre-No-Li, perché assieme al trio degli svedesi si è riunito un terzetto di italiani: il Bor-Cio-Ame, Bortoluzzi-Ciotti-Ameri. Tre Ciceroni del più grande mezzo di comunicazione della prima metà del Novecento, che hanno reso grande la radio nella seconda metà dello scorso secolo, quando già raccontavano più le tv agli occhi che le radio alle orecchie. Da oggi mi sento un po' meno ciarliero.

Sud

Non so dire fino in fondo che cos'è. E' una carcassa di passato informe, fatto di fango che si è seccato, come sciolto dai passi pesanti. Sto cavalcando stretto tra le gobbe di un cammello, lasciato alla deriva nel vuoto del deserto, con il sole allo zenit e l'inconscio a rappresentare l'unica parte di me in qualche modo sveglia. Dormiente, con la testa a penzoloni e le braccia che quasi strusciano a terra, il sangue al cervello. Troppo. Il passo stanco del cammello si ripete con un battito regolare, cadenzato dai rumori del silenzio. Tutto sommato sono nella miglior situazione possibile. Alla deriva, senza saperlo. Con i rintocchi delle campane che scandiscono la mia gioventù, nel mare di un mondo che mi porta a spasso come vuole, in carrozza o legato a due funi mentre trasporto il peso del mio pensiero sul risciò. Vado come un treno, urlo, mi sgolo per cercare un angolo di futuro in equilibrio meno precario. E mi rimane solo questa parola. Precario. Come l'equilibrio di cui sopra, come la società, come le ore contate di chi ha sorriso troppo poco. Mi resta un gemito, la mia scrittura. In un mondo che spero tanto non esista più un attimo dopo. Mi volto, mi rigiro di nuovo. La terra è sempre qui. Stuprata dai miei simili. “Il lavoro cazzo, la casa!”. Quel film si chiamava Sud. Casa mia si chiama Sud. Ogni tanto ho bisogno di ricordarmelo...

Lullaby

Non riesco più ad ascoltare i Cure. Non che sia mai stato un fan accanito del gruppo inglese, mi sono praticamente imbattuto in alcuni pezzi di Robert Smith e soci. Così mi è successo oggi, lasciando scorrere in random iTunes e attendendo che il cervello facesse un cenno di approvazione verso uno dei pezzi rilasciati dal programma, di ascoltare l'attacco del loro capolavoro più celebre. Splendida canzone, da gustare fino all'ultimo, ma non ce la faccio. E' inevitabile pensare a chi ti ha trasmesso la passione per un pezzo musicale nel momento in cui ti passa davanti. Mi accorgo che non ho voglia di pensare così spesso a ciò che è successo, lavoro come un matto, se non lavoro prendo una birra. Se non prendo una birra dormo. Magari lancio due frecce a bersaglio tanto per capire fino in fondo quanto è peggiorata la mira nelle ultime settimane, vista l'inattività. Penso tanto a quanto si possa stare meglio di così anche nella migliore delle peggiori situazioni. Mi fa forza. Non mi serve un'analisi lucida del presente, sarebbe inutile cercare motivi che non esistono, anche apprezzando chi riesce a rialzarsi con un santino in tasca e una preghiera al calar del sole. Gli eventi ti cambiano per molti aspetti, tuttavia non me la sento di trasformare una fede inesistente in un punto d'appoggio. Preferisco le ragioni del luppolo rispetto a quelle ecclesiastiche. Mi aiutano meglio a conservare il sorriso. Si chiama self-monitoring, capacità di presentarsi come le diverse situazioni indurrebbero a fare. Ne ho messo da parte qualche cassa.

October

October
And the trees are stripped bare
Of all they wear
What do I care

October
And kingdoms rise
And kingdoms fall
But you go on

And on

Quanto tempo, quanto tempo...

Ho delle pause più lunghe del solito da quando mi sbatto con una certa assiduità. Non è la prima volta che mi succede di essere assorbito dal binomio lavoro-birra con gli amici. Tanto da non riuscire a fare null'altro, tornare a casa se ne avessi voglia o scrivere per ragioni diverse da quelle per cui mi pagano. Ma se la missione è "meno tempo per pensare meno", la riuscita è totale. Soprattutto se poi, come accaduto ieri, la birra, il locale, gli amici sono prescelti (sul pub ho delegato, ma avevo contatti fidati). Credo che la riuscita di una serata dipenda da vari fattori e che tirando le somme al termine di un incontro si debbano valutare i piccoli dettagli. Uno, già esposto ai presenti ieri sera, è la necessità di guardare l'orologio. Io ieri non ho visto il quadrante dalle ore 22.30 (orario in cui, con un giro completo della lancetta piccola di ritardo, mi sono presentato al Mulligan's) fino alle 2 am circa. All'uscita, l'unica cosa che non abbiamo fatto in tre, oltre all'amore, è fumarci una sigaretta, per il semplice motivo che i tabagisti erano solo due. Io ogni tanto mi concedo altri vizi, magari se proprio sono incazzato ne chiedo umilmente una per uso occasionale, ma ieri non avevo nulla di cui essere incazzato. Ho passato la mia giornata tra il lavoro, un salto da un amico (pari e patta a Raw, grande prova del Becchino in un first blood con la Rated R!), una cena al messicano con tanto di discussione politica da cui ho fatto fatica a liberarmi e le tre birre con cui mi sono abbandonato al sonno una volta tornato a casa. Per avere le palle girate avrei dovuto incontrare per strada Mastella, che fortunatamente non bazzica certe zone.

Contraddizioni

Messaggio criptico, quindi chi ci capirà poco non disperi, fatico anch'io a comprendere quali pieghe possa prendere un determinato tipo di percorso. Più che fatico mi trovo nell'impossibilità di farlo. Se mi giro da una parte vedo il rosa che schiarisce il grigio scuro di questo metà settembre. Tra le nuvole della metereologia schizofrenica e della precarietà permanente mi trovo a gioire di un passo in avanti con la palla chiodata al piede. D'altronde ci si deve attaccare alle piccole cose, che sono poi sprazzi di luce alterna, capaci di dare spazio a una felicità più ampia. Non posso pensare che vivrò contento per tutto ciò che ho. Posso invece intuire che, se avrò fortuna, sarò felice per ogni piccolo accadimento in positivo che costellerà il mio futuro. Piccole particelle in mezzo ad altre piccole particelle più scure, indigeste, inspiegabili tanto quanto le sorelle di luminosità maggiore. Stanno accadendo cose che non mi sto andando a cercare, così come alle persone a me collegate. Cose a cui non posso far fronte, in alcuni casi non ho bisogno nemmeno di farlo perché mi vanno bene così come sono. Purtroppo non tutto va così. Non ce l'ho con me, ce l'ho con chi sta con me. Però io ci credo. In tono minore (molto minore) ho sempre creduto che prima o poi avrei vinto qualcosa come tifoso e alla fine ho avuto ragione. Magari in un mondo perfetto ci sarei riuscito prima, ma questa è un'altra questione. Il problema è che in quel caso ci credevano altri assieme a me, tra cui i diretti interessati. Adesso chi non ci crede è proprio chi invece dovrebbe farlo. Io vado avanti da solo, se ce n'è bisogno. Fino alle calende. Prendo al volo il coraggio e lo porto fino alla fine del tempo e dello spazio. Lo seguo, lo prendo, lo porto a casa. Signori, io ci credo. Ancora, come sempre e sempre ci crederò. Nella mia vita, in quella degli altri, nell'amore per gli occhi di una donna, nel mondo che continua al di là di ciò che succede a migliaia di chilometri da qui. Purtroppo c'è una cosa fondamentale in cui non credo. Nella misericordia di chi ci guarda dall'alto. No. In quella proprio non ci credo più. Forse non ci ho mai creduto davvero.

25

Venticinque anni. Il tempo che Eddy Valliant ha impiegato per tornare a Cartoonia. Un quarto di secolo. Tanti ricordi, amici trovati sulla via senza che me ne rendessi conto, molti dei quali sono fuggiti o dai quali mi sono distaccato io. Colleghi nuovi nel tragitto, nuovi come il mio lavoro, che tale è se consideriamo che da due anni e mezzo ho intrapreso la carriera in giacca e cravatta (televisivamente parlando, perché in redazione una maglietta bianca è decisamente sufficiente). Tanta voglia di continuare a fare ciò che sto facendo adesso. Sarà un caso, ma nel giorno del mio venticinquesimo compleanno ho fatto anche il mio esordio nella tribuna stampa del Meazza, gufando non poco e riuscendo nell'impresa di bloccare il Milan sul pari casalingo. In realtà a fermare i rossoneri è stata la Fiorentina, ma intanto come esordio non c'è male. La speranza è che la prossima volta le maglie in campo siano nerazzurre. Si dice che un professionista debba saper fare tutto e accettare qualsiasi incarico gli venga assegnato, svolgendolo al meglio. Be', io non sarò un professionista ma mi verrebbe difficile farlo, per quanto la mia scarsa capacità di mettere altre "vesti" calcistiche non mi impedisca di riconoscere le capacità del collega, con cui ho avuto a che fare una sola volta ma di cui ho comunque apprezzato la cortesia. Parentesi chiusa. Vado a fare il pirla in tv.

Un attimo di pace

C'è voluta più di una settimana per farmi tornare qui. Dieci giorni dopo il ritorno da Lisbona sono di nuovo solo, ma a Milano e in casa mia, con i genitori partiti stamattina per la Puglia. Ho delle visioni contrastanti sui miei prossimi giorni. Fino al 14 agosto sarò qui a Ceriano, poi raggiungerò il Salento, per le ultime due settimane di relax prima di riprendere a lavorare. In questo lasso di tempo tra il ritorno e la nuova solitudine, intesa come dato di fatto e non nella sua accezione più triste per fortuna, ho trovato un'occupazione e questo è già un passo avanti. Tornerò al caro vecchio service che mi ha "lanciato", dove sono stato riaccolto alla grande dai vecchi colleghi che saranno anche i futuri. Un punto per me dunque. Mi sarebbe piaciuto anche risolvere l'altra piccola grana dal nome e cognome che non posso stare qui a spiegarvi, ma ci sarà tempo anche per quella. Un punto in meno per me, dunque. Ma c'è un appello in corso, il tempo è galantuomo e non è detto che non sia meglio così. Se è vero che i conti si fanno alla fine, la fine non è ancora arrivata. Poi il 26 inizia il campionato e chi ci pensa più a cosa succede nelle ore restanti?

Portugal

Sono cinque giorni ormai che non mi presento qui. In Portogallo l'accesso a internet e' un po' complicato e soprattutto piu' costoso. Per un euro ti fanno stare massimo mezz'ora, qualcuno un quarto d'ora. In questi giorni sono passato da Lagos, sul mare, alla metropoli Lisbona, un saliscendi continuo. Una citta' faticosa, salite e discese, tante cose da visitare e non molta voglia di farlo, in alcuni momenti. Il caldo si fa sentire meno che in Andalusia, in compenso dopo tanti km in condizioni diverse dal piano cominci a sentire la mancanza di un momento di riposo. E poi non ho mai amato le citta' troppo grandi, mi soffocano. Sebbene Lisbona sia una metropoli differente, con un quartiere antico come l'Alfama e il Barrio Alto pieno di stradine e cafe', non e' il posto dove verrei a vivere. Meglio Lagos, una specie di centro storico unico, con una moltitudine di ristoranti italiani che fanno faville. Un lungomare dove domina il vento e un'acqua fredda ai limiti dell'immaginazione, nel quale sono riuscito a fare solo un paio di bracciate prima di uscire. Ho lasciato l'Algarve che pioveva, quindi i rimpianti si sono un po' affievoliti. Domani invece si torna a casa e quali saranno le sensazioni lo sapro' solo a viaggio ultimato.

Siesta continua

Da noi si chiama pisolino, o pennichella o come volete voi. Qui e' la siesta, che per le temperature presenti credo potrebbe durare anche fino alle otto di sera. E' allucinante passare di fianco a un orologio nel centro della citta' e leggere: 41 gradi! Alle sei del pomeriggio! La notte si dorme poco, sia perche' la citta' e' viva, soprattutto nelle vie principali, sia perche' l'afa diminuisce, ma resta sempre su livelli alti. Domani cambiero' nazione, ma non clima. Faro, in Portogallo, e' ancora piu' a Sud, speriamo ci sia un po' di vento. Sicuramente c'e' il mare e anche un nutrito gruppo di internazionali, trattandosi di una citta' universitaria. Mi mancano pochi giorni, ma voglio sfruttarli a pieno. Certo, qualche fiacca in meno sotto la pianta del piede sinistro non mi farebbe male.

Da Cadiz a Cordoba

Mi sono spostato dopo un solo giorno. Cadiz e' una cittadina in riva al mare, con uno splendido mare e una passeggiata notturna sul bagnasciuga che sarebbe potuta essere meravigliosa, se non fosse per un problemino al piede sinistro che mi ha impedito di gustarmi a pieno l'esperienza. Mi sono spostato a Cordoba oggi stesso, anche perche' l'ostello era pessimo, mentre qui ho trovato una pensioncina tranquilla, poco costosa anche se praticamente vuota. Spero di incontrare qualcuno stasera, girando tra i pub della citta'. Nota finale: ne' a Cadiz ne' qui ho la connessione a Internet a disposizione, se non pagando 50 centesimi al locutorio in cui sono adesso. E vi devo lasciare entro 43 secondi, per cui hasta luego!

Culture sevillane

Domani mattina si chiudera' anche la parte "sevillana" di questa mia esperienza. Mi spiace davvero lasciare la citta', pero' sento di aver dato quanto in mio possesso e di aver ricevuto abbastanza. Credo sia tempo di esplorare altri siti, anche con la mente e non solo con il corpo. Attualmente la voglia di tornare e' assolutamente prossima allo zero, se non coincidente. Il problema vero non e' nemmeno cio' che provo ora, ma cio' che sentiro' al mio ritorno. Non aver voglia di tornare quando effettivamente non l'hai ancora fatto e' un conto, pensare di non farlo quando sei gia' a casa e' totalmente diverso. La digressione avvelena un po' la parte finale della nottata, peraltro passata benissimo, in compagnia di culture totalmente differenti tra loro: India, Stati Uniti, Korea, Inghilterra, Italia, Olanda. E ancora, ancora, ancora...

Ho camminato per le strade

Calcolando l'intera giornata, dovrei aver raggiunto le quattro ore di cammino a piedi, una delle quali assolutamente evitabile se non avessi dimenticato il mio prezioso block notes in un bar dall'altra parte della citta'. Una serata movimentata, alla ricerca di un ex nerazzurro che non sono nemmeno riuscito a raggiungere. Potrei riprovarci, ma dipende molto da come mi sentiro' domani. Le gambe sono vicine a cedere, credo che concedero' loro la grazia del riposo notturno. Stanco, un po' sudaticcio, ma felice come sempre in questi giorni. Chi sta al di la' di questo schermo, davanti al suo, e mi legge sara' contento di saperlo. Io lo sono.

Free Flamenco Show

Siviglia, finalmente. Mi sento come Keanu Reeves in "Break Point" quando alla fine del film riesce ad arrestare Patrick Swayze, dopo una rincorsa che assomiglia tanto alla mia con questa citta'. Siviglia sembra una calda coperta di lana che ti strizza fino all'ultima goccia di sudore, travolgendoti con la sua febbre da notte infinita, nelle stradine dei barrios o attraversando il ponte che passa attraverso la citta'. Domani faro' il perfetto turista andando a visitare Alcazar, Cattedrale e Giralda, cercando di non stramazzare al suolo per il caldo. Intanto sto organizzando il resto della vacanza. Giusto qualche minuto fa un ragazzo canadese mi ha consigliato di passare per Lagos (non dalla Nigeria, dal Portogallo). "Lots of fun, lots of drink...", dice con il suo accento marcatamente nordamericano. Non avevo programmato un passaggio da quelle parti, in realta' non avevo ancora fissato nulla e tuttora sto cercando di capire dove voglio andare. Penso che tra due giorni mi muovero' nuovamente, Cadiz potrebbe essere la destinazione. Per adesso, la mia Siviglia e' stata uno spettacolo di Flamenco, quattro chiacchiere in inglese con due ragazzi olandesi e un nuovo incontro con due clienti del "Funky", backpackers solitari spostatisi a Siviglia nel mio stesso giorno e attualmente in un altro ostello. Uno dei due era Lisa, la canadese tascabile. Anche loro erano allo spettacolo di Flamenco. In compenso credo di aver mancato Anna, che e' qui nell'ostello ma immagino stia dormendo, essendo arrivata prima del mio ritorno dal Flamenco Show. Credo che non ci si vedra' nemmeno domani, il suo aereo parte presto e non riesco nemmeno a immaginare come possa riprendere a lavorare gia' nel primo pomeriggio. Ci rivedremo a Milano, chiedendoci ancora una volta com'e' possibile vivere entrambi nella stessa citta', frequentare gli stessi posti e incontrarsi a Granada in una sera di mezza estate.

Ultimo tango a Granada

Credo che la notte appena passata sia stata l'ultima della mia vita a Granada. Non credo infatti che tornero' ancora qui, per quanto questo posto sia meraviglioso. Ho bisogno di sfogare la mia curiosita' in citta' e paesi che non ho ancora visto, sento di aver terminato la mia esperienza in queste strade. Domani prendero' un autobus per Siviglia e mi avvicinero' dunque al confine con il Portogallo, dove sfocera' la parte finale del mio viaggio. Nel frattempo ho avuto modo di incontrare Anna, una ragazza campana che vive a Milano e che frequenta diversi posti nel quale mi trovo spesso anch'io. Era in Cascina Monlue' al concerto di Roy Paci, a quello degli Afterhours, e' stata al Magnolia. Sentir parlare di questi angoli meneghini durante la mia trasferta all'estero mi ha fatto un certo effetto, cosi' come tornare a prendere una birra in due locali dal quale ero passato anche due anni fa e che ho riconosciuto al volo. Anna ed io abbiamo festeggiato il suo compleanno tra fiumi di cervezas e tonnellate di tapas, approfittando del fatto che qui te le servono gratuitamente appena ordini qualcosa da bere. Passare una bella serata con lei mi ha fatto allontanare ancora di piu' dal mio mondo, nonostante in qualche modo vi appartenga anche lei, che abita in Porta Romana. La mia esperienza granadiense si chiude qui, accanto a un sorriso che ricorda il mio amato sud, trasferito nella metropoli come me e confuso tra le piccole strade di pietra dell'Andalusia. Sono partito da solo e non mi sono mai sentito cosi' lontano dalla tristezza della solitudine depressiva.

Alhambra day

Non ci ho provato con la signorina del bar che sta nell'attico dell'ostello (e' veramente carina, ma non e' proprio il mio tipo e poi e' la figlia della proprietaria, non posso rischiare di farmi cacciare per molestie). Tantomeno con la ragazza francese che mi ha accolto alla reception, per quanto sia molto vicina ai miei ideali di donna. Piu' semplice, con un viso meraviglioso, dolce, parla non so quante lingue e ti chiede come stai o se hai passato bene le ultime ore piu' o meno due volte al giorno. Rarita' nel mondo degli esseri umani moderni, che si apprezzano proprio perche' non si incontrano facilmente. Tanto per chiudere la serata, ho seguito la carovana nel "tapas tour" organizzato da lori, che a differenza di quanto si possa pensare e' un uomo, non una donna. Verso le due ho riaccompagnato al Funky Hostel una ragazza canadese di cui non ricordo il nome, con cui ho passato buona parte del tempo a parlare del piu' e del meno. Si', lo so che vi state chiedendo se mi piaceva anche questa. La risposta e' si', mi piaceva anche questa. Minuta, apparentemente indifesa, una piccola matrioska canadese dal Quebec dai capelli rossi, che tra l'altro andra' a Siviglia tra due giorni proprio come me. Insomma, osservo le bellezze del mondo. Compresa l'Alhambra, che ho rivisitato nel pomeriggio dopo la "puntata" di due anni fa. Tre ore di cammino. Con una caviglia in disordine. Per la serie mi chiamano Highlander.

P.s.: prima semigaffe del viaggio stamattina presto, quando una giapponese ha starnutito di fianco a me e io ho detto "salute". Peccato che la tizia non sappia l'italiano e infatti mi ha guardato storto. Che detto di una con gli occhi a mandorla e' piuttosto emblematico...

II ritorno

Fine del primo giorno a Granada, per vari motivi credo che non faro' tardissimo stasera. Ho scritto fiumi di considerazioni su carta, tante da non averne piu' da consegnare al supporto multimediale. Granada e' un po' meno attiva di come l'ho lasciata due anni fa, probabilmente influisce molto la zona diversa in cui sono capitato stavolta. Sono stato una mezz'oretta a chiacchierare con il giovane proprietario di un pub, che mi spiegava come durante l'estate la citta', che essendo universitaria e' rinchiusa in un vortice continuo gia' alle otto di sera, si svuota di tutti quegli studenti che vanno in vacanza, lasciando Granada agli stranieri. Sara', ma gli ostelli sono tutti pieni e per trovare un letto in cui dormire altre due notti mi sono dovuto spostare, perche' qui al Posada de Colon sono ''completely full''. Dovro' spostarmi, ma non so ancora quando mi muovero' verso Siviglia, anche perche' mi dicono che per visitare Cordoba e' meglio avere la prenotazione in un'altra citta' e fare tutto in giornata, visto che posti dove dormire non ce ne sono moltissimi. Mi rilassero', cerchero' di farlo liberando la mente da cio' che mi ha spinto fin qui, oltre alla curiosita'. Ho finito le battute a disposizione del mio cervello. Bon nuit...

Meno quattro


Prenotato. Anche il processo di acquisto dei biglietti aerei per la seconda parte della mia esperienza on the road è ultimata. A un certo punto mi era sembrato un ostacolo insormontabile anche questo, per cui è un ottimo passo avanti. Giovedì mattina decollo verso Granada, obiettivo tornare a perdermi tra le meraviglie dell'Alhambra e visitare il resto dell'Andalucia, per poi virare verso ovest e ammirare Lisbona. Me ne parlano bene, ma è successo lo stesso anche con tanti giocatori dell'Inter che non ho particolarmente apprezzato, quindi gradirei sperimentare personalmente. Tornerò qui due settimane dopo, spero di riuscire a visitare anche Oporto, la cui posizione geografica non mi aiuta molto, visto che è parecchio a nord rispetto a Lisbona e che poi dovrei tornare indietro per il volo in direzione Milano. Ho deciso che per questa volta salterò Barcellona, per quanto mi manchi un po'. Sento che per il tempo che mi è stato concesso non ci sarebbe abbastanza spazio per un dèja-vu. Immagino che non sarà facile tornare, se tutto andrà come la prima volta (furto in ostello a parte). Comunque mi impegno a farmi rivedere da queste parti, in caso contrario potrei avere mia madre sulla coscienza. E poi spero sempre che l'Inter apra un maledettissimo ciclo, quindi non me la sentirei di stare lontano proprio ora. Qualche consiglio prima di espatriare.
1-Libro: noi avevamo la Dc, loro avevano la Cdu. A noi è rimasto il virus (il partito è stato distrutto da Tangentopoli), loro ce li hanno ancora al governo. Non so chi sta peggio.
2-Video: "Da un cielo grigio di piombo piovevano lacrime di rame. Il Cile piangeva disperato la sua libertà perduta".

Albergo a mille stelle


Tra il rumore del vento e il freddo della notte, nel brusio gentile delle risate genuinamente etiliche, con la serenità di una scolaresca alla prima gita. Le cime mi osservano dall'alto di una staticità millenaria che affronto con il dovuto timore, agitando le braccia nel gelo del lago. La tranquillità interiore che ti regala un'oasi come questa è data dalla sporadicità con cui affronto le curve che mi dividono dalla mia dimora, pensando all'infinità dei giorni che vorrei trascorrere qui e consapevole di come sia proprio la rarità dell'evento a rendere tutto così speciale. Il dolce che chiude le danze, gli ultimi saluti di chi si vedrà fra troppo tempo. E poi un forte rumore di niente, come De Gregori. Sipario...

Notturno delle due e mezza

Sì, alle due e mezza di notte si pensa proprio di essere in un oceano diverso da quello quotidiano. Poca luce, uno schermo acceso sul quale buttare giù due idee, ripensamenti vari sull'andamento della serata in compagnia di alcuni colleghi. Mi sento già proiettato al futuro prossimo, vorrei vedermi già lanciato verso la mia destinazione estera. Manca poco, anche se ancora non ho deciso praticamente nulla e in questi giorni ho una marea di cose da fare, a cui sicuramente se ne aggiungeranno altre strada facendo. Sento la necessità di staccare la spina per un po', devo proprio lasciare la barca per un momento, giusto il tempo di rifiatare. L'ultima volta che sono partito da solo non sapevo nemmeno se al termine della mia avventura avrei ancora avuto voglia di tornare e i miei timori sono stati confermati in pieno. Non avevo voglia di rivedere l'Italia, ma mi sono ripresentato lo stesso. Qualcosa mi dice che andrà così anche stavolta, nonostante il Paese continui ad offrire i propri minimi storici a livello sociale, politico, culturale. L'unica buona notizia del giorno è che Tony Blair abbandona la vita politica. Non ho lo champagne, ma stasera ho bevuto due bicchieri di spumante per altri motivi. Prendiamoli per buoni.

Il teatro mancato

Il mio senso dell'orientamento non è mai stato ai massimi livelli. L'altro giorno dovevo andare a Palazzo Granaio, gioioso locale di Settimo Milanese nel quale ho anche organizzato la mia festa di laurea. Ci sono stato un altro paio di volte, ma dopo un anno di lontananza non è che ricordassi granché la strada. Anche con l'aiuto di tuttocitta.it sono riuscito a sbagliare di qualche km. Una volta adocchiati dei cartelli riguardanti città semisconosciute (agrate, trezzo d'adda, dalmine) ho pensato bene di contattare telefonicamente andrea tella, vecchio compagno di Sinistra giovanile e proprietario della baracca. Non lo sentivo da quasi un anno. Con me c'era un'amica e dovendo guidare ho passato il cellulare a lei, ma poi ho preferito parlare al buon Tella di persona.
"Pronto?"
"Pronto, sì ciao. Io in questo momento sono a Dalmine".
"Ma stai scherzando".
"Ehm... no..."
"Bene. Ti avviso che la prossima uscita è Bergamo".
"Come Bergamo?"
"Ma che cazzo di strada hai fatto?"
"Boh, adesso vediamo. Comunque dovevo essere a Palazzo granaio alle nove e mezza per lo spettacolo teatrale, mi sa che non ce la faccio".
E no che non ce la faccio. Se alle nove e venticinque sono a qualche decina di km dal posto in cui devo essere cinque minuti dopo! Comunque, serata andata. O forse no.
Ci fermiamo in un locale al ritorno. Chiacchierata a due come non succedeva da tempo. Forse è stato meglio così, il teatro può anche saltare.
Consigli:
1-Vecchio capolavoro, grande Eduardo. Da leggere per capire come gira il fumo.
2-Film per serate non troppo impegnate. Però in alcune scene si ride abbastanza di gusto. Mi-ti-cooo...

Cena e politica


Ieri sera cena a sei con ex compagni di università. Ho rivisto un paio di ragazze che non vedevo da un po', ho conosciuto un filo-israeliano con cui ho discusso di politica davanti al Tocqueville (tengo a sottolineare che ero in una pizzeria lì vicino, non è che sono entrato nel locale. E ci tengo proprio a dirlo perché in queste cose sono uno snob del cazzo). C'erano anche due ex compagni di università, che sono prima di tutto due amici, uno dei quali è entrato nella discussione. Abbiamo vissuto un ribaltamento di ruoli repentino. Essendo la new entry filo-israeliana e di idee radicali (nel senso pannelliano del termine), finché abbiamo parlato di chiesa, aborto, financo di precarietà nel lavoro eravamo due contro uno. Nel senso che la nuova conoscenza stava dalla mia parte. Poi ha visto il mio braccialetto palestinese e lì l'amico nonché compagno di università si è tirato fuori. L'altro invece si è appassionato alla discussione (che fossi appassionato anch'io è inutile dirlo, per chi mi conosce un pochettino). Peccato che il nostro idillio sia terminato. Animosità, ma anche civiltà hanno contraddistinto il botta e risposta per circa un quarto d'ora. Poi ci siamo accorti che le due ragazze presenti (la terza se n'era andata), si stavano ammorbando. A me la cosa non toccava di striscio, a lui sì perché una delle due era la SUA ragazza e deve aver visto le ore seguenti tingersi di bianco nella solitudine della propria stanza. Comunque mi sono stupito del fatto che un ragazzo apparentemente intelligente potesse sostenere la causa israeliana. Lo so, anche in queste cose sono parecchio intransigente.
Consigli:
1-Questo ve lo consiglio in questa settimana, perché giovedì sono uscito con un'amica a cui l'ho regalato. Credo che prossimamente pubblicherò un post sulla serata. Libro straordinario...
2-Passaggio di consegne. E non aggiungo altro.

Tornata

E pensare che storicamente si è sempre pensato che l'elettorato ligio al dovere del voto è quello di sinistra. Adesso si prende una legnata al Nord, peraltro piuttosto preventivabile, e l'affluenza bassa diventa uno scudo per il governo. Al quale si risponde accelerando i passi per la creazione del Pd, invece di puntare meno su simboli, nomi e falsi leader e più su riforme che valgano qualcosa. Dico la cruda verità, tanto non mi è mai costato molto: a me della crescita del paese non me ne frega proprio un cazzo. Mi interessa che un lavoratore abbia i suoi diritti, che possa avere uno stipendio dignitoso, che possa trovare un posto fisso (e non precario) in tempi più celeri rispetto a quanto non succede ora, dove ti prendono per sei mesi, poi ti lasciano a casa due settimane, poi ti ripigliano, poi ti rimollano. Leggendo sul sito di Piero Ricca mi accorgo che spesso i nostri politicanti vengono definiti "marziani", lontani da ciò che accade a noi ogni giorno. Vero, sacrosanto. Ogni tornata elettorale instilla in me una delusione sempre maggiore. Mi fa ribrezzo vedere Schifani che esulta per aver preso due comuni in più, ho anche avuto un senso di angoscia quando il governo è caduto sulla politica estera, perché rivedere nella mia mente certi nani pelati seduti sulla poltrona più alta è sconvolgente. Ma mano a mano che i giorni passano non vedo conforto nella mia decisione di barrare il simbolo dell'Unione, se non pensando a chi su quella poltrona non si è seduto. Siamo un paese fortemente ancorato alle nostre anomalie e per sganciarci da questa situazione servirebbe un mutamento radicale. Che al momento non siamo in grado di attuare, non con questa popolazione e men che meno con questo gruppo dirigente.
Spostiamoci sui consigli che sennò mi viene da vomitare.
1-Sì, ho scelto il classicone. Anche perché non l'avevo ancora fatto e quindi era anche il caso che cominciassi. L'unica cosa brutta del libro sono i nomi di persona, Margherita a parte. Ma d'altronde i russi hanno questi di nomi.
2-Gli eroi sono questi, non altri.

Vittoria che oscura

Se quello che mi è successo stamattina succede nella realtà, giuro che vado in giro cantando "Udeur verrà" per tutta Milano.
La cronaca: ultima giornata del campionato Master di Pro Evolution Soccer 6. Mattia Todisco guida la sua Inter (non quella con i giocatori reali, ma quella del campionato Master, costruita passo passo in stile Pantaleo Corvino). In testa alla classifica ci sono la Roma e la stessa Inter, appaiate a 70 punti. Il Milan è sotto di tre. Il calendario propone: Saint Etienne-Inter e Roma-Milan. I nerazzurri partono alla grande. Al quarto d'ora Suazo aggira due uomini sul vertice destro dell'area di rigore e con un perfetto diagonale mancino trafigge il portiere avversario. E' un dominio, ma l'Inter spreca troppo in zona gol e a tre minuti dal termine arriva la beffa, firmata da Piatti (ecchicazziè?). L'arbitro fischia la fine, sono già piuttosto sconfortato dall'aver perso una finale di Coppa Italia in finale con il Milan (2-0, a PES si gioca una partita secca anche nell'ultimo atto del Trofeo Nazionale). Tra l'altro in tutta la stagione ho giocato cinque volte con i "cugini" e l'unica sconfitta è stata proprio quella, perché tra campionato e Coppa Campioni ho vinto tre volte e pareggiato una, strappando la qualificazione alla semifinale europea nel derby. Mi girano un po' anche per l'eliminazione contro il Barcellona, avvenuta nel turno seguente, in circostanze di rara sfiga. Ma proprio mentre mi devasto nelle mie seghe mentali da rincoglionito pallonaro-multimediale, vedo i miei giocatori che festeggiano. Per aver perso un'occasione d'oro, mi sembra che l'entusiasmo sia un po' troppo. A un certo punto, mi consegnano anche il Trofeo e mi fanno indossare la medaglia. Sono campione d'Italia. Non ce l'avevo mai fatta al Campionato Master. Mi crogiolo nella mia stupidità e guardo i risultati dagli altri campi. Roma-Milan 0-2. La mia vittoria oscura nettamente quella dei rossoneri nella realtà, giacché a me non era mai riuscito e soprattutto perché nel Campionato Master si parte dalla serie B, se ce la fai si risale in A e soprattutto durante la prima campagna acquisti devi comprare parecchi giocatori a parametro zero, perché soldi ce ne sono pochini e quegli stronzi dei tuoi avversari non ti vendono nessuno di quelli forti. Insomma, ho vinto...

Formazione campione (4-3-3): Solimar, Jean, Schmidt, Loni, Maxwell, Postma, Gambino, Aissati, Maloney, Suazo, Foti. A disp. Campagnolo, Kruger, Guegan, Graham, Delios, Camacho, Machado, Marchand, Chiumiento, Van der Meer, Takahara.

Il clero? Lo Stato?

Come qualcuno sa, ultimamente non apprezzo molto i camici bianchi. Ma la categoria si rassereni: amo ben poco le tonache, a meno che non si tratti di missionari o di altri rari casi, più o meno da quando sono nato. Quindi c'è qualcuno che verrà sempre prima di loro nella scala gerarchica. In compenso c'è chi riesce a stimolare una certa antipatia pur in abiti differenti, casual o in doppio petto, per come "veste" le proprie frasi. Esempio concreto, così ci capiamo meglio. Esce un video sulle storture del mondo ecclesiastico e Casini dichiara: "No a trasmissioni spazzatura. Facciamo invece una bella inchiesta sul clero nel mondo". Come se fosse uscito un documentario sui padri pedofili, invece che sui preti e qualcuno dicesse: "No, facciamo un'inchiesta sui bravi papà". L'ex pappagallo di Forlani colpisce ancora.
Il problema è che al di qua della barricata c'è chi lo sostiene nel suo clericalismo e financo chi vorrebbe inglobarlo nella squadra di governo. Tanto ormai siamo democratici, diamo parola a tutti. Peccato che qualcuno non abbia ancora capito cosa sia la democrazia e non mostri il minimo sforzo per leggere l'etimologia di tale parola tra le righe, traendone qualche insegnamento.
Frase sconnessa numero 2. Napolitano parla della situazione rifiuti in Campania. E dice: "Lo Stato faccia sentire la sua mano". Ma perché, tu chi rappresenti? O dobbiamo fare come con Nagy, che lo ammazziamo e poi gli chiediamo scusa vent'anni dopo?

Minestrone


Proviamo ad articolare un discorso, pur nella situazione che c'è. Uno di quelli senza capo né coda, una specie di misto. Partiamo dalla politica, ad esempio. Berlusconi si è ripreso dal malore. Il tg dà sempre brutte notizie. Per carità, non voglio mica che muoia. Sono contrario alla pena capitale. Però un raffreddorino permanente. Non so, tipo che apre un pacco da Insinna e gli esce fuori una sinusite in regalo. Tanto adesso si sono comprati anche Endemol. Magari la trasmissione la fanno dentro la casa del Grande Fratello. Deve essere periodo di fusioni straordinarie. Come Unicredit-Capitalia. Vabbè, non addentriamoci in discorsi troppo difficili, ingarbugliati sì ma non difficili. L'unica cosa difficile che mi va di festeggiare ora è la vittoria di Federer su Nadal. Ha fatto come il gatto col topo non per un set, il primo, ma per tutto il torneo. Giocato ai limiti della decenza, una specie di prolungamento della sconfitta con Volandri a Roma. Ma già contro Moya si era intuito che c'era qualcosa di strano. Perde il primo, si rialza, vince. E anche in finale va così: cade 6-2, mette un paio di colpi fuori di cinque metri, stecca, non gli entra la prima di servizio. Si salva dal possibile break e riparte di slancio, fino a sotterrare l'avversario 6-2 6-0. No, dico. 6-0. A Nadal. Che non perdeva sulla terra da 81 partite. Non sarà che il mio amico John McEnroe gli ha menato un po' di sfiga quando ha detto che era imbattibile?
Mah, andiamo a vederci 'sti consigli va...
1-Ne scelgo uno di Travaglio, il migliore tra quelli che ho letto e anche il più coraggioso. Per una volta non è scritto con il fido Gomez, ma con Saverio Lodato, che di mafia ne sa qualcosa. Da leggere, giusto per capire un po' da che parte non stare.
2-Bel filmino e anche bella canzone dei Mano Negra. Dello stesso regista mi è piaciuto anche A+R. Non so perché, fa parecchio strano. Però è bellino. Ma era lo stesso regista, sì?

The wall

Sì, credo di sentirmi proprio così. Come coloro i quali inventarono un album meraviglioso quanto cupo, psichedelico, registrato nella primavera del 1979 e pensato l'inverno precedente. Ventotto anni dopo, il corso degli eventi mi fa pensare che c'è una logica in ciò che succede, proprio nel momento in cui il filo degli avvenimenti sembra perso nel vuoto. Non ci credo, non può essere. Eppure sta succedendo.

E non è colpa mia, se esistono carnefici, se esiste l'imbecillità...

Un amico tempo fa mi ha chiesto: "Scusa, ma tu cos'hai contro i cattolici? Ma allora pax christi? E Zanotelli?". Avete ragione. Infatti io ce l'ho con il vaticano, mica con la chiesa in tutte le sue forme. Non è colpa mia se in quasi tutte le forme ecclesiastiche ci sono tracce di Marcinkus o delle crociate. Sì, sono retorico e anche un po' ancorato al passato e rievoco cose di mille anni fa. Esattamente come chi pensa che il preservativo sia un obrobrio. O che si debba andare al family day. Dipende da cosa si intende per famiglia, se restringiamo il cerchio al matrimonio io vengo solo se l'alternativa è il carcere.
Comunque, bando alle ciance, ho aggiunto un'altra sezione. Racconti. I miei. E parto con quello che qualcuno conosce già.
Consigli per gli acquisti a perdere:
Libro - Uno dei maggiori guevaristi della nostra epoca. Ho avuto la fortuna di incontrarlo in università. E' anche simpatico e vista la figura paffuta non sarei riuscito a immaginarlo in altra maniera anche se l'avessi visto con i miei occhi. Se avrete la costanza per leggerlo tutto (è lungo, piuttosto e anzichenò) preparatevi un fegato da fenomeni per il passaggio sull'attività del Che in qualità di ministro. Con tutto il bene che posso volere, a lui e a Taibo, piuttosto indigeribile.
Video - Il miglior modo per avvicinarsi alla disciplina cestistica. Quando a sette anni i suoi coetanei andavano a scuola palleggiando, lui faceva lo stesso. In bicicletta. Probabilmente il più grande genio che la pallacanestro moderna abbia mai conosciuto. Voto dieci a chi mi dice il nome dell'altro famoso sportivo soprannominato allo stesso modo.

Bravo il collega

In un altro momento vi dirò cosa penso, ma non è molto distante da quello che leggerete qui

http://www.repubblica.it/2007/04/sezioni/sport/doping-basso/basso-commento/basso-commento.html

Asia, frusciando fra la rete


Per scrivere un post come questo mi servirebbe una casa sul mare, tanto silenzio e un De Andre' d'autore a coprire il rumore del vento. Magari anche una certa predisposizione a scrivere, di cui dispongo a tratti, e un attacco originale con cui invogliare il lettore...

Tre puntini. Tanta di quell'aria sospesa nei polmoni da poterci costruire un aerostato. Tanti sogni da esprimere, che viaggiando, o "frusciando" tra la rete come nell'Asia di Guccini diventano sensazioni condivise da te o da altri. Gli altri, le altre. Gente che non conosci se non dai link scovati nel blog di un amico. Parole che passano leggere e che sembrano quasi tue. Le avrebbero potute scrivere in tanti e quasi quasi mi dispiace di non averle scritte io. Leggere tra le righe delle emozioni altrui è un esercizio che aiuta a comprendere come paure e vittorie siano esattamente le stesse, per me come per molti di noi. Sono le stesse canzoni, gli stessi libri, visti da angolazioni differenti e con una luce che si rifrange attraverso diramazioni più o meno complicate. E' anche questo un modo per innamorarsi della propria vita o di quella misteriosa e fantastica di chi ti sta intorno senza nemmeno saperlo. Captando "l'odore delle sete e della spezia" o il profumo di donna che si disperde tra i rami della primavera.

P.s.: ieri sera, negli ultimi secondi della finale di Eurolega, Zelimir Obradovic ha cacciato un urlo selvaggio per richiamare Ramunas Siskauskas, dicendogli di tirare un bel respiro prima di mettere i due liberi più importanti della stagione. L'ho tirato anch'io prima di scrivere il post. Alla fine il lituano quei due palloni li ha indovinati entrambi e io ho scritto quello che volevo scrivere.

O lettore cd, ma mi pigli per il culo?

In macchina sulla superstrada affollata. Sono in un ritardo allucinante. E ci arriverò, in ritardo. Meno male che ci sono i Pink Floyd...

Driiiiiiiiiin, dleng, pim pum pam, cu cu, cu cu, cu cu...

Gli orologi di "Time". Cioè io sono in ritardo e tu mi fai partire Time? O lettore cd, ma mi pigli per il culo anche tu?

Nuovi consigli per gli acquisti e video della settimana, andiamo per ordine:
- "Essere John McEnroe", ovvero il più grande talento tennistico che si sia mai visto, con un cervello un po' particolare. Tra le altre cose, l'uomo che rivoluzionò l'immagine della Nike, prima che la stessa finisse tra le scritte "Made in China" o "Made in Taiwan".
- "La domenica delle salme", ovvero la mia scoperta. Non nel senso della canzone, ma del video. Non sapevo esistesse, almeno fino a un paio di anni fa, cioè quando sul mio pc è arrivato emule...

Il nostro giorno - Primo maggio

"Un giorno per chi vive del lavoro". Un giorno per chi lotta con coraggio. Un giorno (il mio) per chi ha voglia di rilassarsi un po' ed è in casa a scrivere. Adesso, perché qualche ora fa, dato che c'ero, ho finito un campionato a Nba live che avevo in ballo da novembre. Orlando batte Los Angeles Clippers 4-3! Si vede proprio che è un gioco, l'ultima (e unica) volta con i Magic in finale c'erano ancora Shaq, Penny e Horace Grant. Horry giocava già in Nba e vinceva titoli. Giusto ieri ha messo un altro canestro decisivo contro Denver. Non è che ti soprannominano "Big Shot Rob" per caso.
Ciancio alle bande, mi sarebbe piaciuto vivere un primo maggio diverso, magari al concerto di Roma. Peccato che domani sia già giorno lavorativo e non avrei fatto in tempo a riprendermi, soprattutto non con questo mal di gola. Oddio, se Beckenbauer ha giocato una semifinale mondiale con un braccio rotto tutto è possibile.
Anche vedere due deficienti in tv che parlano di falsificazione dei file audio, giusto per fare un esempio. Oppure aprire i siti di informazione e leggere che il primo maggio, così come il 25 aprile, per alcuni è un modo per solidarizzare con le Br. Ma anche ascoltare un ragazzo che sembra Ben Harper sul palco del concertone e sentirgli dire qualcosa di maledettamente giusto contro il Vaticano, salvo poi notare che gli stessi organizzatori non riescono a fare altro che ricoprirlo di insulti, senza nemmeno entrare nel merito delle sue considerazioni.
Povera patria, schiacciata dagli abusi del potere, di gente infame che non sa cos'è il pudore...

Eccoci qua...

Sono al lavoro. Pausa. Un sorso d'acqua. Solo uno, perché il bagno è fuori uso e non ho granché voglia di scendere al piano di sotto.
E' da un po' che ho in testa l'idea. Magari la metto in pratica, visto che ci sono. Mi sembra quasi un bel modo per festeggiare una gioia attesa 18 anni. Ci ho messo una settimana a metabolizzarla, saranno stati i fumogeni scesi in gola in mezzo alla calca. Forse le urla sotto il pullman e poi ai piedi dell'Arengario.
Forse tante altre cose. Forse. Come forse sto aprendo il blog per quella punta di egocentrismo che bene o male abbiamo tutti. Se faccio quello che faccio ci sarà un motivo. Il mio lavoro, i miei piccoli extra. Qualcosa vorranno dire, anche se fatico a coglierne il senso fino in fondo ancora adesso, che mi conosco da quasi 25 anni.
Sento di potervi dire cosa non sarà il blog: strappalacrime, anche se il nascente Pd fa letteralmente piangere e i settant'anni dalla morte di Gramsci mi mettono un po' di tristezza. Eviterò anche di parlare dell'Inter, per quanto mi sarà possibile. Ma lo faccio solo perché per questo ho un altro sito e non voglio un conflitto di competenze con me stesso.
Credo che qua e là troverete anche un Faber, un Troisi, come un Pelé o uno Smith, Norman e Carlos. Magari anche un Melquiades che non rileggo da tanto.
Mi riservo di cambiare idea tra cinque minuti e chiudere il blog, anche perché nel frattempo m'è venuto un mal di gola terrificante.