Mosaico

Eppure non pensavo sarebbe stato così. Quando anni fa, in un tempo indefinito e lontano, decisi che non mi bastava quel che avevo, pensai che era il caso di guardarmi intorno e cercare ovunque la risposta a quel che sentivo mancare. Il problema vero, allora come oggi, era che a non esserci era l'oggetto stesso del quesito. Guardandomi allo specchio non mi sono chiesto dove volevo andare a parare, sono uscito e basta. Ho fatto giravolte, capriole, ho passato ogni attimo a pensare come avrei potuto occupare il prossimo e non ho trovato quel che più mi sarebbe dovuto stare a cuore: la stabilità. Chiunque, nell'elite dei felici, ne ha una parte con se alla quale potersi appoggiare.

Non di solo girovagare vive l'uomo, anche se è sempre meglio un dio vagabondo di un profeta casalingo, ed è forse per questo che sento un senso di incompiuto attorno a me. Ho bisogno di guardare la foto di Garrincha, immaginandone il volo senza riflettere troppo sulla caduta. Voglio libertà, di pensiero e movimento, libertà dalla pigrizia che mi attanaglia quando devo puntare le ore che passano, come "Mano" guardava all'avversario di turno e lo schivava mandando avanti la gamba più corta e poi la più lunga.

Al termine della notte, quando tutti i ragionamenti giungono al pettine o allo spazzolino da denti, l'acqua che scorre e porta via i residui dal fondo del lavabo ha ancora un colore chiaro e trasparente, anche se lievemente intriso di sporcizia. Questo significa che la base c'è e si è formata su fondamenta variegate e solide: gli amici, le mie passioni, gli sporadici sorrisi che ne generano altri in sequenza. Manca solo quel tassello in grado di completare il mosaico.Prima di volare, come la Garrincha, senza la fine che si deve alle leggende a cui hanno tarpato le ali.

L'abbraccio dell'8

Simbologia di un numero: l'otto. Cifra palindroma, chiusa fin dalla sua forma. Da qualsiasi punto tu faccia partire la penna, ti ritroverai nella condizione di poterla ricalcare all'infinito facendo sempre il medesimo movimento. Se la distendi, diventa per l'appunto un simbolo di infinito, o magari il disegno di una pista per macchine telecomandate, che una volta andavano tanto e adesso chi se le ricorda più.

L'otto inteso come data di marzo ha resistito nel tempo più del giocattolo, per fortuna, anche se le sfumature di quel che è stato nel tempo la ricorrenza ora si scorgono appena. Adesso è una festa dei fiorai oppure un modo come un altro per non far sforzare gli autori televisivi sul tema della giornata da far sviluppare a Sposini o alla D'Urso (avessi detto Corrado), tranne che per i pochi che si ricordano perché, alla base di tutto, si è deciso un giorno di celebrare l'otto marzo.

E' solo un caso, ma il numero è perfetto per la giornata, visto da questa parte della barricata (quella maschile). L'otto è una specie di abbraccio mutuato dal disegno dei numeri, qualcosa che ti avvolge come un profumo a Primavera, annunciando il solstizio in anticipo. L'otto, indice di fortuna al gioco se gli si toglie un apostrofo, è quel che divide gioia e tristezza, che si abbia o no la possibilità di baciare una donna appena svegli. L'otto di marzo è l'otto di marzo, ma è una giornata che non nasce con un sole diverso da quello del sette o del nove, almeno se lo s'intende come un maggior rispetto da portare alla categoria. Io lo porto da sempre e le donne sempre me ne portano (quelle a cui mi rivolgo, s'intende). E' un giorno in più in cui vado a cercare l'abbraccio simboleggiato da quel numero, perché non potrei proprio fare senza. Donne, auguri.

Punti orizzontali

Il marciapiede è lungo a terminare. Fermo, dall'orizzonte infinito, soprattutto quando non passa nessuno e al buio il punto più distante non riesci nemmeno a capire cosa sia. Dal mio pezzo di muro in Ripamonti, sigaretta tra le mani, i punti visibili sono due, orizzontali a differenza di quelli che si mettono in una frase. Fossero da punteggiatura, infatti, sarebbero una pausa tra una parte e l'altra di un periodo e invece sono uno di fianco all'altro e sanno tanto di "a capo, lettera maiuscola", come insegnavano alle elementari.
Sono punti in movimento costante, tranquilli pur se in moto, due onde che si camminano al fianco mirando alla stessa riva, sperando che il vento li trascini per inerzia alla stessa meta. Ci sono teste basse verso il terreno che si alzano di fretta a fissare il cielo e c'è un bisbigliare di sottofondo con annessi sorrisi e braccia che si muovono attorno al collo. C'è tanto di nuovo e salutare. C'è un amico felice.