Il derby perfetto

A chi per una settimana ci ha fatto credere che avevamo un campionato. Pie illusioni, ha sentenziato il campo, che quando c'è stato da marcare una linea tra noi e il resto del mondo i veri valori si sono fatti vedere. Per 25' come per i restanti, vissuti in trincea e con il coltello tra i denti. Brutti, sporchi e cattivi, ma con l'astuzia del cobra che morde al momento giusto, tanto che pure in inferiorità numerica sono arrivati un palo, il 2-0 e una clamorosa occasione per Maicon (e dagliela a Mario che faccio tre punti al Fantacalcio...). E poi Mou che aizza la Curva contro le noie del freddo, abituato al calore degli stadi britannici non gli par vero che non ci sia l'inferno ad accompagnare la caduta del Diavolo. Lo scatena e poi chiede cori per chi corre sul rettangolo di gioco, indovina la chiave tattica dalla prima all'ultima mossa, potendo contare su un giovane trentaseienne che ingabbia Ronaldinho nella confusione delle sue danze. La ciliegina la mette Julio, il numero 12, quello che lo speaker può chiamare in causa solo all'inizio, perché Toldo a parte nessuno è riuscito a segnare a San Siro con i guantoni alle mani e anche in quel caso l'ultimo a toccarla era stato Vieri. Quel rigore respinto vale come e più di un gol, con cinque minuti di recupero ancora da giocare. Il popolo ringrazia tre volte, il numero perfetto. Perché questo è il derby perfetto e nel campo di battaglia ogni truppa ha il suo condottiero, pugno alzato al cielo e compagni di ventura che lo assistono trionfanti. Julio Cesar come una Marianne di Delacroix. L'Inter come la classe operaia. In paradiso, con tante scuse a Gian Maria Volontè.

La mia generazione ha perso - Personale riflessione su Craxi e dintorni

Sta accadendo in Italia quello che nemmeno lontanamente hanno pensato di fare in Germania: la santificazione di un capo di Stato con un passato controverso. Helmut Kohl, che pure gonfiò le tasche della Cdu e non le proprie, con rilievi infinitamente minori sul futuro del proprio paese, è stato confinato nell'oblio pagando, lui sì, con una certa durezza gli errori commessi e scusandosi in lacrime davanti agli elettori tutti. Ha potuto farlo perché ha scelto di affrontare la piazza, a Berlino e non ad Hammamet. Non si capisce allora come abbia potuto “pagare con durezza”, quindi in egual misura, colui che al contrario si è sottratto al lavoro giudiziario, scappando al cospetto del carcere.

Avremmo però potuto soprassedere su quanto accaduto e non calpestare una tomba, se solo non si fosse cercato, come avviene tuttora, di rivisitare l'azione politica con l'aiuto dei classici tarallucci e vino. Peggio ancora, il Presidente della Repubblica e il Parlamento hanno voluto ricordare la figura di Craxi ribaltando la prospettiva. La beffa oltre al danno, per chi vent'anni dopo la fine del governo socialista (titolo aberrante per chi di sociale aveva ben poco, avendo spartito la torta in una ristretta élite di malfattori) paga le conseguenze della struttura imposta in quella stagione e perpetrata da alcuni successori. Uno fra tutti, l'attuale premier, che usufruì a piene mani di alcuni provvedimenti 'pro domo sua', come la celebre legge Mammì.

Avremmo ancora tralasciato di guardarci indietro, se non si cercasse di propinarci una via con il suo nome inciso. Come spiegare, infatti, tra una Piazza Gramsci e un Corso Matteotti, per quali meriti si debba percorrere una strada con tale titolo? Mi troverò, futuro padre, a raccontare di come la corruzione diventò un must, un'opzione consolidata nell'Italia anni '80, mentre al mio fianco la prole altrui verrà a conoscenza del perdono postumo al quale stiamo assistendo. Anch'io, allora, racconterò quella storia con una vergogna profonda, per non essere riuscito in quanto rappresentante della mia generazione ad evitare questo scempio.

Nel 2010, da ben tre lustri, a menare le danze c'è la sintesi più riuscita tra il Bettino nazionale e Licio Gelli, ovvero un corruttore-corrotto e colui che teorizzò la devastazione della magistratura per nascondere le sue pecche. Berlusconi non è solo 'utilizzatore finale' delle leggi craxiane, ne é anche un'evoluzione più spinta. Una figura, non dubito, che avrà i suoi riconoscimenti nella toponomastica del 2030.

Il pagellone



CHRISTIAN 6 Pianta una madonna aurticante dentro di sé, quando fallisce da pochi passi l'assist di Valentino dalla destra. Per fortuna non è ventriloquo e quindi non lo sente nessuno.
GABI 6.5 Grazie a lui, anche la Romania può dire di avere (un) Venezia. Sarà contenta l'agenzia del turismo. In compenso non lo sposti nemmeno col carroponte.
JACK 8 A Natale non ha pescato nemmeno l'ambo, dopo le feste coglie la cinquina, seppure da zoppo e ad un anno dall'addio al calcio. Il nuovo Toti, più che il nuovo Totti.
MARTINO 7 Lui stesso commenterebbe la sua prova con il fatidico “se sei inculato”. In assenza di Mihai, ne fa le veci con un paio di giocate di puro culo che gridano vendetta a Dio.
MATTIA 5 Io di calcio scrivo soltanto, come noto. Non è che posso anche saper giocare, sennò non sarei a Ceriano Laghetto. Adesso sono diventato pure procuratore...
PAOLO 7 Contravvenendo al ruolo naturale, offre il meglio di sé lontano dai pali, guidando il tentativo di rimonta. Prova invano la zampata dell'ultimo secondo che avrebbe portato ai supplementari. Da giocare non si sa dove, visto che la campanella era già suonata.
STEFANO 7 Ogni tanto lo guardi giocare e ti verrebbe da dirgli: “Piantala di correre, hai rotto i coglioni!”.
VALENTINO 6.5 Lo Zauli del Salento, ma con più scatto. Da qualche tempo ha aumentato l'autonomia, inizialmente ridotta ai primi 5-10 minuti di partita. Grande cuggì!
VITTORIO 6 In campo è una presenza, nel senso che con la maglietta color Titti è impossibile non notarlo. Esegue un intervento di asportazione del perone ai danni di Stefano, che peraltro riesce comunque a servire l'assist a Paolo.

Giant steps are what you take



La gamba è sciolta. Cammina, cammina sempre. Al passo con le stagioni e con gli anni, giovani e ardenti, si fa spazio in mezzo a chilometri di selva. Ho lasciato che la civiltà restasse in ritardo, avanzando in maniera silente, per non farmi sentire. Detta così sembra una violazione di domicilio e così è, per chi si sente ospite della terra. Con la maiuscola o minuscola, chi arriva dal Sud non fa distinzioni. I frutti, la carne, gli esseri umani fanno parte di un insieme più ampio e di un progetto scritto a monte. Segui le linee guida, ne esci se ne sei capace, deragli quando i binari si rompono. Con l'evolversi della società anche saltare in corsa al mirar dell'ostacolo è diventato un'arte e negli ultimi anni ho avuto spesso la sensazione che lo scarto fosse vicino, che il vagone stesse per catapultare fuori me e i passeggeri tutti, in barba a chi nella parola futuro ha puntato un centesimo. A perdere, perché a vent'anni l'unica chimera è un posto fisso nella stabilità. O nell'oblio...

Ispirazioni



Il nuovo anno è cominciato. Pochi giorni, alcune novità, qualcosa si divincola dalla routine. Più sensazioni che fatti, in verità. E' possibile che la mente stia concependo un fondo di realtà alternativa in ciò che le prime ore del neonato decennio hanno concepito. In grembo al mondo e in faccia a Dio, mi sento padrone di ciò che sono, esattamente come lo ero prima e forse con più consapevolezza. Sono cosciente di poter fare di più, perché sempre si può. I confini esistono solo per chi vuole porli. Ho sempre creduto nell'infinito e figuriamoci se non ci credo quando sto bene. Fintanto che avverto dei brividi di libertà sulla schiena nuda, mentre lo specchio mi assiste, il corpo risponderà a dovere. Lo so io e lo sa chi mi ascolta e legge. Mi piacerebbe soltanto non aver sonno la sera e prolungare così l'attività cerebrale, per capire come va affrontato lo spazio-tempo in ogni suo istante. Esplorare se stessi e il mondo mentre la gente comune non può farlo sarebbe un dono incommensurabile, se si è capaci di raccontare e io so farlo. E' per questo che non mi stanco, che aggredisco lo spazio come Don Chisciotte davanti ai mulini. Con un vaffanculo ogni tanto per aver pestato una merda. Quando il sole tramonta mi dico sempre che al prossimo sorgere sarò davanti alla scrivania, unico posto in cui sento di dover stare. La birra di fianco, le dita veloci, l'occhio che raccoglie a 360° i suggerimenti che diverranno parole. Ogni rumore è un soffio che passa, fin quando il fiato si farà corto e con le labbra si chiuderanno i pensieri.