Il primo maggio di un giovane lavoratore

La sveglia segna le dieci e trenta e io sto guardando l'orologio direttamente dal letto. Può significare soltanto una cosa: oggi è il primo di maggio. La seconda visione che ho dopo la sveglia sei tu, nuda al mio fianco. Abbiamo fatto l'amore sapendo che oggi non avremmo pagato dazio alla stanchezza, tanto chi ci schioda da qui. Oggi è festa, la nostra. È l'unico giorno dell'anno in cui oltre a sognare realizziamo, andiamo più in là del malsano vivere quotidiano dietro cui ci trasciniamo per darci un avvenire e darlo ai nostri futuri figli, se e quando ne avremo. Tu dormi, tranquilla. Fallo pure oggi, perché da domani non potrai più per un altro anno ancora. Fallo perché mi permetti di guardarti mentre sogniamo insieme, tu ad occhi chiusi ed io da sveglio. Sei una meraviglia e questo aumenta il mio rammarico per la vita che ancora non sono riuscito a darti. Mio dio, quanto ti amo. Eppure non riesco a fornirti qualcosa oltre alla felicità di stare insieme, una stabilità per stracciare il contratto d'affitto e comprare una casa tutta nostra, mettere su famiglia, sentirci sereni nel nostro equilibrio e non dover regalare giornate alla tristezza pensando a come arriveremo alla fine del mese. Sbaglio io, a riflettere adesso su tutto questo, perché oggi è il primo giorno di maggio, l'ultimo che ho prima di altri 365 per poter sognare di stare ogni giorno a guardarti serena mentre dormi. Piacerebbe anche a te osservarti da qui, mentre conservi sulle labbra un mezzo sorriso, quasi sapessi seppur non desta che giorno è oggi. Non ti bacerò come ogni mattina per svegliarti, lascerò che quell'espressione di gioia si apra alla luce. Perché oggi è il primo di maggio. C'è bisogno di aprire gli occhi con un sorriso.