Mes que un club

Ogni volta che passo da queste parti mi viene sempre piu' difficile andarmene. C'è un'atmosfera magica in questa città. Succede tutto senza che io me ne accorga, anche quando una giornata si prospetta più noiosa, meno attiva di altre c'è sempre qualcosa che spunta fuori e cambia le prospettive in un attimo.

Ho conosciuto un romano di mezza età al bar dove ho pranzato, è qui da dieci anni dopo aver sposato una ragazza di Barcellona. Fa un lavoro come un altro, sta dietro al bancone per tante ore, serve ai tavoli. Dal viso non traspare nessun tipo di nostalgia per il suo paese natale e dopo i saluti iniziali ribadisce il concetto anche a parole. "Qui si sta bene", dice. Sarà la cinquemilionesima persona che mi spara in faccia la stessa frase. "Ma con il lavoro come state in Italia?". Ed io a piangermi addosso, con aria amaro-sorridente, a spiegare il lento e inesorabile processo di precarizzazione del Belpaese. "Qui l'anno scorso hanno beccato il proprietario che non aveva fatto il contratto a un dipendente. Gliel'ha dovuto fare il giorno dopo e si è beccato 3.000 euro di multa, perchè era la prima volta. Alla seconda ne becca 100.000 e gli chiudono il locale. Non è questione di Aznar o Zapatero. Da quando sono qui le cose hanno sempre funzionato in questo modo e ti assicuro che se dicono che ti sanzionano lo fanno, non c'è telefonata che tenga".

Mi guardo attorno per ammirare come il più insignificante dei dettagli mi metta allegria, da una parte, e tristezza dall'altra.

Pensare che volevo scrivere della mia esperienza al Camp Nou. Quattro a zero per il Barcellona, un gol di Henry di una bellezza sconcertante, uno stadio enorme anche se con un tifo ammorbante (Laporta ha sciolto la curva, anche questo me l'ha detto il connazionale capitolino). Sarà che sono capitato in mezzo ai tifosi del Wisla, ma gli unici presenti divertiti sembravano veramente i polacchi, nonostante la scoppola. Al termine della gara ce li avevo ancora attorno che cantavano e saltavano come grilli e avevano superato la metà campo con il lanternino. Mi è toccato attendere mezz'ora prima di uscire dallo stadio, qui le regole sul comportamento allo stadio si rispettano. Anzi, quello più impaziente ero io, poco abituato all'andazzo e con un appuntamento da rispettare di lì a poco (e che è saltato). Una volta fuori dai cancelli mi hanno fatto fare il giro del mondo per arrivare in ostello. Effettivamente sono un po' troppo fissati. Ecco, ho trovato un aspetto di Barcellona che non mi piace. Insignificante, nella magnificenza di queste strade.

P.s. per gli amanti della tecnologia: dopo tre estati passate qui ho scoperto come si fanno le lettere accentate usando le tastiere spagnole. Non dovrò più passare attraverso l'apostrofo per diverse finali. La scienza fa passi da gigante...

2 commenti:

Stefano ha detto...

Ecco, questi post fanno veramente venir voglia di imparare lo spagnolo. O di trovare un lavoro laggiù. In Italia siamo proprio indietro. Ancora oggi sui giornali si fa polemica su Frattini... GULP!

irene ha detto...

w la mia concretezza contadina!!: io ho sempre avuto gli stessi problemi con le tastiere francesi: come stracazzo si fa PORCA DI QUELLA STRAEVA BAGASCIA??? ...tanti bacini italo-precari...