So fucking special


Oggi è morto Bobby Fischer. E' strano non trovare nulla di intelligente da dire nel giorno in cui muore un genio.

Fischer era una mente da preservare. Purtroppo per lui, e per noi, è nato negli Stati Uniti, paese natale nel quale non è potuto tornare dopo aver disputato il remake della finale mondiale con Spassky nella ex Jugoslavia, allora sottoposta a embargo da Washington.

Un Maradona della scacchiera, con una psiche molto più complessa. Se Dieguito è rimasto vittima del suo stesso personaggio e della società che lo attorniava, Fischer si è fermato prima. La sua mente ha rifiutato il moderno, ha deciso che non c'erano abbastanza motivi e stimoli per continuare a vivere come i comuni mortali. Si è rifugiato a Reykjavik, nella solitudine delle lande ghiacciate, a riflettere su sistemi ai quali le nostre scarne membra non possono ambire. L'Islanda, riservata e sperduta, è il posto migliore per chi vuole scomparire senza essere notato.

C'è molto di Syd Barrett nella storia di Fischer. Li unisce la follia creativa, li divide la loro ultima foto prima della morte. Barrett è calvo, ricurvo su una bicicletta, sguardo perso nel vuoto e un cappotto nero. Fischer ha il volto nascosto da una folta barba, con un vecchio cappellino da baseball in testa. Cammina a testa alta. Entrambi sono irriconoscibili. Hanno lasciato questo mondo nella loro veste più conosciuta. Sono Syd e Bobby. Li immagino insieme, uniti dall'abisso psichedelico delle reciproche trovate. Così belle, così incomprensibili.

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