Ronaldo

Ricordo ancora e mai potrò dimenticare, l'estate e poi l'autunno del '97. Era il mio primo anno da tifoso "praticante", di quelli che una domenica sì e una no imboccano l'autostrada in direzione San Siro. Ricordo bene quell'urlo crescente della folla, udibile anche tra i disgraziati del primo anello verde (quelli che quando c'è il derby non vedono che nebbia e residui di coreografia per i primi cinque minuti di partita) rivolto al ragazzone dai denti in vista lanciato in progressione. Uno slalomista senza gli sci, in grado di superare le leggi della fisica che di malavoglia studiavo all'epoca, liceale poco convinto e futuro seguace del calcio come professione collaterale, penna in mano e pallone ai piedi di altri.



Quanto l'ho amato quel 10 nerazzurro. Dal primo giorno al Meazza, attorniato da una folla di bimbi festanti per una semplice amichevole di metà luglio, poco dopo essersi affacciato dal balcone della sede in via Durini come un Papa all'Angelus. Ho tutto in mente: il gol annullato in casa contro il Brescia, il dribbling a Bologna contro Paganin, il gol alla Fiorentina, quello al Parma su punizione e via discorrendo uno dietro l'altro. Non c'è stato mai nessuno, sulla singola stagione, in grado di scatenare quella sensazione di onnipotenza calcistica che Ronaldo sprigionò ormai tredici anni fa, all'apice di una carriera che lo ha visto vincere tanto, molto meno di quanto avrebbe potuto. La fama, le donne (troppe), la finale del Mondiale a Saint Denis di cui ancora oggi ho il sospetto di saperne ben poco hanno contribuito a farne un giocatore in declino, sorretto per anni da una classe immensa pur senza la brillantezza della prima versione.



Non esiste Ibrahimovic, Eto'o o Messi che tenga, forse perché l'argentino a Milano è passato due volte in una stagione senza lasciare traccia. Quello che, come da ritaglio di giornale d'annata, veniva definito un calciatore con "fisico da boxeur e piedi da Fred Astaire", è stato semplicemente il più grande degli ultimi quindici anni, solo perché i ricordi più in là nel tempo sono troppo sfocati per essere considerabili.



Anche nel tradimento, l'amore sportivo per chi ci ha fatto piangere conserva un angolo solitario ed eterno di riconoscenza.



Una lacrima è per te, Fenomeno. Grazie.

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