Disavventura numero enne

Sottotitolo: la presentazione di Dario Marcolin a Monza.

Camerina, radiomicrofono e portatile. Ho tutto. Posso andare. Mi presento alla Villa Reale alle sei e mezza, con un quarto d'ora d'anticipo sull'evento da seguire. Devo fare delle interviste video e in più spedire un pezzo al giornale. Come pensavo, non c'è connessione, nè wireless nè a cavo. Niente di niente. Devo mandare il pezzo via bluetooth con il cellulare. Puntualmente, muore il cellulare.

PRIMI SANTI
Ma porca. Nella sfiga, mi viene incontro un barlume di fortuna: la conferenza stampa ha un'ora di ritardo. Esco di corsa, con due borse appresso, sembro un emigrante di inizio secolo in partenza per le Americhe. Sgommo via dalla Villa Reale. Mi fermo circa tre-quattrocento volte sul bordo della strada per cercare una wireless aperta, di solito a Milano nei centri abitati ce n'è quante ne vuoi. A Monza sono tutte protette. Giro, minuto più minuto meno, dalle 19 alle 19.40 in cerca di un ago in un pagliaio. Nomino una tale sequela di santi, ovviamente affiancati da gioiosi epiteti, che svariate città del Veneto, oltre ai comuni di Bergamo e Brescia, mi offrono la cittadinanza onoraria. Alla fine trovo qualcosa in una piccola via. Evvai, ce l'ho fatta. Nemmeno per sogno, la wireless è aperta ma quando apro la pagina Fastweb mi chiede la password, segno che questo tizio a cui sto fregando la connessione potrebbe non aver pagato la bolletta. Altra sequela.

EPILOGO
Come detto, il viaggio si conclude attorno alle otto meno venti. Trovo una connessione aperta e funzionante accanto a un semaforo. Quattro frecce, mi avvicino più che posso al muro che costeggia la strada, di modo che non mi strombazzino da dietro. Mando una mail al caporedattore spiegando la disavventura e inviando in allegato un pezzo sulla presentazione, ma senza dichiarazioni. "Se le vuoi c'è un'altra ora da attendere perché hanno ritardato l'evento". Per mia fortuna il pezzo va benissimo così. Chiudo il portatile e vado via. In quei dieci minuti di sosta, chi mi è passato a fianco ha potuto ammirarmi nel pieno del mio lavoro... all'interno di una macchina e sul ciglio della strada. Riaccendo il motore e torno alla Villa Reale. La presentazione è appena iniziata. Anche stavolta mi sono salvato. Come dice un saggio collega, "alla fine il giornale va in stampa".

1 commento:

Stefano ha detto...

Sei un vero corsaro del giornalismo. Ormai ti immagino con l'uncino e la benda nera su un occhio. :)